Francia, nelle urne
la destra moderata
ha scelto Macron
Le analisi dei flussi elettorali consente di analizzare con più precisione il voto francese del 26 Maggio scorso. Il primo dato significativo è lo spostamento verso la République en marche (LRM, il partito di Macron) di una parte consistente dell’elettorato della destra repubblicana, deluso dai contenuti reazionari della campagna elettorale dei Républicains (LR) guidati dl Laurent Wausquiez. Uno spostamento più netto nelle città con più di 35.000 abitanti, il quale pero’ non ha impedito la vittoria finale del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen. Infatti, contemporaneamente, una parte dell’elettorato di sinistra che aveva votato per Macron alle presidenziali del 2017 ha deciso di voltargli le spalle deluso dalla politica del suo governo. Dei circa 8,5 milioni di elettori che lo avevano scelto al primo turno, il 14% hanno optato per la lista Europe Ecologie-Les Verts (EELV) guidata da Yannick Jadot e l’11% per quella del Partito socialista diretta da Raphaël Glucksmann.
Dunque, la composizione sociopolitica della LRM sta cambiando in modo significativo e non è un caso, che in vista delle prossime elezioni amministrative uno degli obiettivi immediati di Macron sia quello di convincere a passare nel suo campo gran parte dei sindaci di destra, moderati, i quali temono, di essere sconfitti dal RN. Dal punto di vista sociologico questa strategia si rispeccha nella composizione anagrafica del voto : l’elettorato con più di 70 anni, generalmente fedele alla destra repubblicana, questa volta ha scelto in larga maggioranza il partito di Macron.
Invece il 25% degli elettori tra i 18 e i 24 anni e il 28% di quelli tra i 25 e i 34 anni hanno sostenuto la lista dei Verdi. E’ la prima volta che gli ecologisti sono il partito pù votato da coloro che hanno meno di 35 anni, un dato comune con la Germania dove il successo dei Verdi tra i giovani elettori si è compiuto a detrimento sia dell’estrema sinistra (Die Linke) sia del partito conservatore (CDU-CSU). Per « Le Monde » è stata proprio la mobilitazione di questa fascia dell’elettorato a far traballare il sistema consolidato negli ultimi decenni a Bruxelles e a rendere più complessa la scelta dei futuri dirigenti delle istituzioni europee. Per il momento Macron si è opposto alla candidatura del conservatore tedesco Manfred Weber alla presidenza della futura commissione. Il presidente francese non si è ancora espresso chiaramente in favore di un altro nome, ma se la sua opposizione a Weber dovesse avere successo è evidente che, a quel punto, non sarebbe facile fare accettare ai tedeschi un esponente francese. E’ quindi, probabile, che la sua vera candidata sia la liberale danese Margrethe Vestager, la commissaria alla concorrenza nella commissione uscente.
I voti dei giovani, pero’, non hanno premiato soltanto i Verdi. In altri paesi, come in Svezia e nelle Fiandre del Belgio, essi hanno contribuito in maniera decisiva all’avanzata dell’estrema destra. In Francia, il partito di Marine le Pen, ha raccolto la maggioranza del voto operaio e popolare e ha ottenuto un largo successo nei comuni dell’area metropolitana parigina. Qui, negli ultimi anni, i lepenisti sembravano in crisi, invece questa volta hanno approfittato dell’astensionismo di molti elettori immigrati di sinistra, delusi dalla politica nazionale, e della partecipazione compatta invece dei cosidetti « petit Blancs «, i quali si sono mobilizzati per l’estrema destra. Anche la scelta del capolista, Jordan Bardella, 23 anni, origini modeste, nato in Seine-Saint Denis, un percorso scolastico mediocre, si è dimostrata vincente e nella sua biografia si sono riconosciuti in molti.
Il successo dell’estrema destra è stato anche netto nelle zone rurali deindustrializzate, mentre i risultati sono più modesti nelle grandi città. Inomma « due Francie » che non si parlano e si osservano con diffidenza. Una realtà che rischia di diventare ancora più complicata con le novità degli ultimi giorni ; dopo l’annuncio del piano di fusione tra Renault e Fiat Chrysler e gli interrogativi sulle conseguenze sui posti di lavoro in Renault, ieri la direzione di General Electric, dagli Stati Uniti, ha annunciato un piano di ristrutturazione e il licenzamento di 1044 lavoratori e lavoratrici in Francia, con gravi conseguenze sociali soprattutto nel sito di Belfort. Il governo francese si trova, da solo, a far fronte a questa nuova crisi sociale ed è facile immaginare quali sarebbero potute essere le conseguenze elettorali di questo annuncio se fosse avventuto prima del 26 maggio.
Una nuova emergenza sociale, nel contesto della globalizzazione, che avviene in un momento in cui l’economia francese, comunque, resiste bene al rallentamento europeo. La disoccupazione continua a diminuire e a raggiunto la cifra del 8,7% della popolazione attiva. Dati che dovrebbero mettere al riparo il paese da crisi improvvise ma che non cancellano le inquietudini e le contraddizioni che hanno influenzato le scelte elettorali degli elettori e anche di quel 48% dell’elettorato che ha scelto l’astensione.
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