“Fora Bolsonaro”: l’incubo brasiliano tra Covid, crisi e un presidente in declino
Quando Pfizer insisteva, con oltre cento e-mail, nell’offrire il vaccino contro il Covid al governo brasiliano, l’azienda voleva fare del Brasile un esempio di immunizzazione: l’obiettivo era mostrare al mondo che era possibile immunizzare l’intera popolazione mondiale, rafforzare il marchio e mantenerlo tra i giganti del settore: un mezzo pubblicitario delle dimensioni del Brasile.
Una grande risorsa per gli anni a venire, durante la più grande crisi sanitaria dei nostri tempi.
Il Brasile era il palcoscenico perfetto per questo test: una grande popolazione e un sistema sanitario pubblico in grado di vaccinare milioni di persone in un solo giorno.
La Pfizer però non immaginava che si sarebbe trovata di fronte un presidente il cui obiettivo era ritardare il più possibile la vaccinazione della popolazione in modo da poter attuare i propri schemi di corruzione – sia riguardo ai vaccini non approvati dall’Anvisa (equivalente dell´Aifa italiana), sia alla vendita e propaganda del cosiddetto “Kit Covid”, cocktail di farmaci rivelatisi poi inefficaci contro la malattia.
Quasi 570 mila morti di Covid
Così il Brasile è sprofondato in un incubo che oggi conta quasi 570mila morti, un’economia distrutta, una società impoverita (milioni di brasiliani stanno soffrendo di nuovo la fame) e una popolazione che sta vivendo il più grande trauma sociale della sua storia recente.
Il paese è governato da una famiglia che ha stretti legami con le milizie e ha trasformato i loro vari incarichi in un’attività di riciclaggio di denaro trattenendo gli stipendi dei consulenti, il sistema della “rachadinha” (tipico termine brasiliano, letteralmente: piccola divisione; quando un parlamentare nomina i suoi assessori ma tiene per sé la metà del loro sipendio) ha generato milioni per il clan Bolsonaro.
Non è esagerato affermare che la criminalità organizzata brasiliana più truculenta e vile ha raggiunto il potere centrale del paese.
Accusato di genocidio e distruzione dell’Amazzonia

Il mondo intero ha sentito parlare del presidente brasiliano, Jair Messias Bolsonaro, e mai positivamente. Anche recentemente la stampa internazionale ha riferito che è stato nuovamente denunciato alla Corte penale internazionale per genocidio e crimini contro l’umanità. È la terza denuncia contro di lui all’Aja, questa volta da parte di un team di avvocati indigeni che lo accusano di aver adottato “una politica anti-indigena esplicita, sistematica e internazionale” e di utilizzare enti pubblici e politiche, che dovrebbero essere volte a proteggere le popolazioni indigene, come strumenti di persecuzione.
Non è una novità per il mondo che Bolsonaro sia uno dei responsabili della distruzione dell’Amazzonia, giacché ha intensificato la deforestazione e le attività illegali nelle aree indigene, ha incendiato, ha allentato le leggi per soddisfare gli interessi dell’agrobusiness e ha intensificato la violenza nelle campagne.
Ma, in fondo: chi è questo nemico dell’ambiente e violatore dei diritti umani?
Apologia del fascismo e della tortura, fake news
La sua traiettoria politica è segnata da dichiarazioni criminali che vanno dall´apologia del fascismo, all’approvazione della tortura, alla difesa del colpo di stato militare. Dall’impegno nel liberalizzare l’uso indiscriminato di armi da fuoco, al maschilismo esplicito, alla misoginia e al razzismo. Dalla produzione e diffusione di fake news alla distruzione delle politiche pubbliche in materia di istruzione, cultura, ambiente, sport e salute.
Dall’interferenza diretta sulla Polizia Federale per impedire le indagini sulla corruzione che coinvolge la sua famiglia, al frequente ricambio di ministri non appena diventano meno obbedienti. Dalle agevolazioni fiscali alle chiese evangeliche alla quotidiana mancanza di rispetto per i giornalisti, offendendoli esplicitamente e abbandonando le interviste se appena contraddetto.
Tutto questo già lo aveva preannunciato la sua campagna elettorale per la presidenza del Brasile, nel 2018. Ora che al potere Bolsonaro è addirittura peggiorato.
Prima di allora, ancora sconosciuto fuori Rio de Janeiro – dove ha costruito, in politica, la carriera sua e quella dei suoi figli – aveva già rappresentato, per tre decenni, le istanze peggiori e più arretrate, con la sua figura di imprenditore arricchito grazie alla politica, avallando qualsiasi azione gli consenta di consolidare il suo potere, difendendo l’indifendibile, con attacchi ai diritti umani e una straordinaria ignoranza. In più, è un ex militare, ed è comprovata la sua, e dei suoi figli, relazione con le milizie di Rio de Janeiro.
Un scandalo la gestione della pandemia
La gestione di Bolsonaro della pandemia Covid è uno scandalo internazionale.
Oltre ad aver rifiutato diverse offerte di vaccini dal 2020, ritardando il più possibile la vaccinazione con lo scopo (ormai noto) di acquistare immunizzanti per consentire un gigantesco storno di denaro pubblico, il presidente ha pubblicamente disatteso tutte le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sin dall’inizio della crisi sanitaria, incoraggiando e promuovendo raduni con tesi avverse all’uso delle mascherine e scetticismo sulla malattia. Ancora ieri ha dichiarto che i vaccinati con la seconda dose stanno morendo.
Duemila morti al giorno per Covid
È stato soltanto a gennaio di quest’anno, con una media di duemila morti al giorno per Covid che Bolsonaro ha consentito a far vaccinare la popolazione.
Oggi i decessi sono arrivati a quasi 600.000, e almeno 400.000 – sostengono i dati diffusi dai Segretari del consiglio nazionale della Sanità (Conass) – sarebbero stati evitati se fossero state prese le misure necessarie dall’inizio della pandemia. La responsabilità delle cosiddette “morti evitabili”, secondo gli epidemiologi che hanno effettuato la ricerca, appartiene all’esecutivo e in particolare a Bolsonaro.
Mentre diversi capi di Stato rendevano pubblica la loro vaccinazione anti Covid, il presidente brasiliano, confermando la sua nota avversione alla trasparenza, ha decretato la segretezza su suo certificato di vaccinazione, quello dei suoi figli e su altre informazioni che, pur essendo di interesse pubblico, sono state trattate dalla famiglia come “private”. L’intento di proteggere Bolsonaro e la sua prole dai sospetti e dalle accuse è evidente.
Il governo è sotto attacco anche della Cpi, la Commissione di inchiesta del Senato sul Covid – creata in aprile e in diretta televisiva – che ha accusato di corruzione il Ministero della Salute. Gran parte dei brasiliani seguono le dirette tv come uno spettacolo, proprio come le Olimpiadi di Tokyo.
La difesa del voto cartaceo
La disperazione del presidente è ormai evidente, tanto più da quando l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha riconquistato, a marzo, il diritto di candidarsi alle elezioni del 2022 e, subito, ha iniziato a guidare i sondaggi sulle intenzioni di voto.
In ogni nuovo sondaggio dei vari media la popolarità di Bolsonaro precipita.
L’ultimo scandalo è la sua strenua difesa al ritorno del voto cartaceo nelle prossime elezioni presidenziali nel 2022. Che Bolsonaro vorrebbe impedire se non riuscirà a abolire il voto elettronico.
Il voto elettronico ha ormai 25 anni
Il sistema di voto elettronico, che Bolsonaro accusa di truffa con fake news e senza prove, è attivo in Brasile da ben 25 anni, proprio per combattere le truffe avvenute del voto cartaceo: urne con più voti che elettori, scambi o sparizione delle urne, voti con la stessa calligrafia, verbali con numeri adulterati.
Solo con lo sviluppo del sistema telematico è stato possibile porre fine a queste pratiche che spesso culminavano nella contestazione giudiziale dei risultati elettorali.
Bolsonaro ha una strategia golpista, che per ora non è stato in grado di realizzare a causa del suo indebolimento. La propaganda e il tentativo di imporre il voto cartaceo è una prova generale per non accettare i risultati delle urne nel 2022, o addirittura per poter scatenare un colpo di stato.
Così nacque l’urna elettronica
Il Codice elettorale del 1932 prevedeva la creazione di un sistema elettorale libero dall’intervento umano, attraverso macchine per il voto. Nel 1958 fu sviluppato un prototipo, da Sócrates Ricardo Puntel, ma non ebbe successo. Negli anni ’90, quando la tecnologia consentì lo sviluppo di macchine versatili che si potevano essere utilizzate in tutti gli angoli del Brasile, sicure e verificabili, e garantivano la segretezza del voto, l’urna elettronica ha iniziato a essere studiata dalla TSE (Corte Elettorale Superiore) e poi attivata dal 1996.
Inoltre, le apparecchiature non vengono acquistate già pronte sul mercato per essere utilizzate nelle elezioni, ma sviluppate interamente dallo staff e dai collaboratori della Giustizia Elettorale. “Ciò significa che ogni pulsante, funzionalità e specifica dell’urna è, fino ad oggi, completamente concepito e sviluppato all’interno del TSE”, si legge sul sito della Tse.
Carri armati per intimorire la Camera
Mentre si votava sul voto cartaceo alla Camera dei deputati, Bolsonaro ha mobilitato, il 10 agosto, giorno del voto, una parata di carri armati in un chiaro tentativo di intimidire i parlamentari.
L’uso del simbolismo militare da parte di questo presidente autoritario per mantenere coeso il suo nucleo di sostegno è noto e vuole distogliere l’attenzione dai cambiamenti che potrebbero verificarsi nella legislazione elettorale del paese, a vantaggio solo per gli aderenti alle vecchie pratiche politiche criminali.
Il PEC è stato respinto alla Camera mercoledì 11 agosto, nonostante Bolsonaro mantenga un sostegno parlamentare basato sull’acquisto di voti con ingenti somme di denaro.
Ovviamente non è soddisfatto del risultato del voto e continua a voler imporre il sistema di voto cartaceo – prendendo esempio dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump – per affermare che, nel 2022, la sua sconfitta alle urne sarà frutto di una frode.
Sempre assetato di un autogolpe che finora non ha potuto attuare per mancanza di forza, intensifica i suoi discorsi minacciosi, mentre la sua popolarità precipita: secondo l’ultimo sondaggio Datafolha, il 63% dei brasiliani lo considera incapace di governare.
“Fora Bolsonaro”, quattro manifestazioni in 3 mesi
Negli ultimi tre mesi, quattro manifestazioni nazionali di “Fora Bolsonaro” hanno inondato le strade di tutto il Paese con slogan che accusano il presidente fascista e corrotto di genocidio. Se all’inizio nelle strade erano scesi i militanti di sinistra, oggi si vede sempre di più la presenza di gente del popolo nelle manifestazioni, con manifesti improvvisati e l’espressione sfinita dei brasiliani più poveri che un tempo avevano creduto in questo governo e che ora lo vogliono vedere cadere.
130 richieste di impeachment
Più neri, più LGBTQIA+, più lavoratori oggi avallano le oltre 130 richieste di impeachment esistenti contro Bolsonaro dallo scorso anno e che sono sempre nelle mani del Presidente della Camera dei Deputati – quello precedente e quello attuale.
Manca un anno alle elezioni e il Brasile non può aspettare che muoiano altre persone e che questo governo commetta ulteriori danni economici e sociali. La scia di distruzione lasciata fino ad ora è quasi irreparabile.
Ci vorrà molto tempo, sarà difficile stimare quanto, recuperare ciò che è possibile recuperare dopo la cancellazione di diritti umani e sociali, libertà democratiche e cultura brasiliana, anche se, con grande dolore, i brasiliani resistono. Per questo la lotta non può fermarsi: occorre esautorare Bolsonaro adesso, per salvare il Brasile e il suo popolo.
* Luiza Sansão è una giornalista brasiliana, specializzata in diritti umani
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