La ricetta Fmi
per l’Italia
tra liberismo e inclusività
Il livello del deficit pubblico per il Fondo Monetario Internazionale non sembra essere più un tabù con riferimento all’Italia, ma un elemento che ci ricorda come il colossale debito pubblico stabilizzatosi al 135% del Pil richieda un “credibile” piano di riduzione a medio termine. Anche perchè la previsione di deficit del 2,4% per il 2020, cifrata dagli economisti dell’istituzione di Washington al termine della loro ultima ispezione in Italia – pur essendo superiore al 2,2% stimato dal Governo – è solo uno dei componenti di un’analisi che appare riduttivo definire “promozione” dei due esecutivi guidati nel 2019 da Giuseppe Conte. Con un mix di prescrizioni che in parte sono liberiste, in parte redistributive e inclusive, e che certamente sono un terreno sfidante per i prossimi mesi di politica economica. Con possibili correzioni all’impostazione di provvedimenti come ‘quota 100’ sul versante delle pensioni, e del reddito di cittadinanza.
Raccomandazioni all’Italia
Vale la pena allora di guardare più in dettaglio il comunicato finale della squadra di economisti guidati dal capo-missione Rishi Goyal, proveniente dai ranghi della Stanford University. L’insieme di raccomandazioni all’Italia, è ‘condito’ dalla premessa che le politiche di bilancio messe in atto al Ministero dell’Economia con “prudenza” da Giovanni Tria per la prima parte del 2019 e da Roberto Gualtieri, da settembre in poi ha dato risultati “migliori del previsto”. Che sono stati rafforzati dall’atteggiamento pro-Europa della nuova coalizione partecipata dal Pd.
Cosa fare per rianimare una crescita economica che per quest’anno è limitata allo 0,5% e per rilanciare redditi personali reali che restano ancora – caso unico in Europa – inferiori del 7% rispetto alla crisi del 2007? La ricetta proposta dal Fondo è in parte scontata: riforme per liberalizzare i mercati, abbassando le barriere all’entrata in settori come il commercio, i servizi professionali e liberalizzando le tariffe energetiche. Il prevedibile copione degli economisti di Washington, allo scopo di riallineare i salari con la produttività, torna a sollecitare una riforma della contrattazione salariale, dando priorità al livello aziendale e proponendo anche una forma di reddito minimo parametrato su ‘gabbie’ legate ai livelli di produttività e al costo della vita delle diverse regioni.
Per l’istituzione di Washington il risanamento dei conti pubblici resta indispensabile, anche perchè la finestra di opportunità – che attualmente presenta tassi d’interesse bassissimi – non durerà in eterno. Ma tale impostazione va sostenuta – e veniamo alla serie di prescrizioni più ‘progressiste’ – da misure più inclusive e favorevoli alla crescita.
No a quota 100, si a reddito di cittadinanza
Sulle pensioni ad esempio si sottolinea che l’Italia ha già fatto molto più di altri Paesi per riformare la previdenza, anche se l’attuale indicizzazione dell’età di pensionamento alle aspettative di vita andrebbe mantenuta. Negativo, comunque il giudizio sul provvedimento di pensionamento anticipato Quota 100 che ha aumentato la spesa creando oltretutto una discontinuità nell’età di pensionamento.
Il Fondo affronta anche il tema del Reddito di cittadinanza criticandolo ‘da sinistra’: anche se tale provvedimento ha come obiettivo i più vulnerabili, i suoi benefici – è la tesi – calano troppo velocemente in proporzione alla dimensione delle famiglie, penalizzando quelle più povere e numerose e calano rapidamente anche se un’offerta di lavoro a bassa retribuzione è accettata. Di qui la sollecitazione ad allineare lo strumento alle migliori pratiche internazionali.
Fisco e investimenti pubblici non si sottraggono a questa impostazione. Sul fisco, preso atto che la riduzione del cuneo fiscale varata dal Governo è molto limitata (-0,2-0,3% nel 2020-21 con un livello del cuneo che è pari al 48% a fronte del 42% della Ue) si sottolinea che misure più ampie dovrebbero essere compensate da un’ampliamento della base contributiva. Come? Razionalizzando il sistema di deduzioni e detrazioni, snellendo l’utilizzo l’Iva agevolata e aggiornando la tassazione degli immobili che attualmente impone un peso sproporzionato sulle classi meno abbienti. Ma anche combattendo la colossale evasione fiscale per la quale le misure recentemente varate sui pagamenti elettronici richiedono altri provvedimenti per facilitare il processo, sia a livello di organici dell’Agenzia delle entrate, sia con la rimozione di ostacoli legali.
Ultimi, ma non ultimi, gli investimenti pubblici che non sono più un tabù ma che dovrebbero essere aumentati: si richiedono passi avanti nei progetti di fattibilità, nello stabilire le diverse priorità e nell’attuazione.
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