Firenze, quella piazza antifascista che ha restituito dignità e speranza all’Italia

C’è qualcosa di nuovo e, insieme, di antico (non di vecchio, che è diverso) nella piazza di Firenze, che ha restituito dignità e speranza all’Italia civile di fronte alla barbarie della violenza fascista. Di nuovo c’è la ricerca di ciò che unisce l’Italia progressista. E non l’ossessione della divisione per affermare la propria purezza e i singoli interessi contingenti.

Questa ossessione è stata la dannazione dell’ultimo decennio. A sinistra, nei partiti come nei sindacati, nelle organizzazioni della società civile come nelle organizzazioni politiche della sinistra. I danni di questa ossessione sono incalcolabili e ci vorranno anni per superarli. Invece sabato a Firenze, tutto questo patrimonio di civiltà si è come spontaneamente ritrovato: senza troppi distinguo radicali e riformisti, si sono ritrovati e (forse) riconosciuti nella difesa di un interesse pubblico, più vasto e superiore a quello di ciascuno di loro.

Sono stati i valori della Costituzione questo massimo comune divisore: certamente qualcosa di antico, ma tremendamente attuale. La libertà, niente meno, di riunirsi pacificamente, di manifestazione del proprio pensiero. Il diritto di associarsi liberamente, anche in partiti per concorrere con metodo democratico (e, dunque, antifascista) a determinare la politica nazionale (art.49). Ma, soprattutto, quella “scuola aperta a tutti” che proclama l’art.34 della Costituzione. Articolo che quella piazza ha (credo) consapevolmente collegato all’art.3 che impone alla Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

L’imponente reazione dopo l’aggressione al liceo Michelangiolo

E’ alla luce di questo compito attivo di difesa e promozione della persona umana affidato alle istituzioni della Repubblica che si capisce il riferimento ai “capaci e meritevoli, che anche se privi di mezzi, hanno diritto” di studiare nell’art.34. Un diritto che la Repubblica deve rendere effettivo.

Insomma, il cuore antico della nostra democrazia, che abbiamo riscoperto oggi perché l’aggressione fascista al Liceo Michelangelo è suonata per tutti come un campanello d’allarme per qualcosa di più grande che era messo a rischio. E qui c’è la prima novità rispetto alla storia storia dell’affermarsi delle dittature nazi-fasciste del Novecento e anche rispetto all’apatia della sinistra degli ultimi anni: la reazione non l’acquiescenza, la risposta unitaria e democratica, a viso aperto, non l’indifferenza e la rassegnazione.

Vengono in mente le parole coraggiose e di dignità di Carl von Ossietzky, direttore della Weltbühne, il 30 gennaio 1933 quando Hitler sale al potere, alla riunione dell’Associazione per la difesa degli scrittori tedeschi che sottovalutano l’evento infausto di quella notte, convinti che passerà presto: “Tutto questo durerà ben più a lungo di quanto crediate. Forse anni. Di fronte a esso siamo impotenti. Ma ciascuno di noi può riproporsi di non dare mai neanche un sol dito a coloro che adesso detengono il potere”.

Ecco, mi sembra che la piazza di Firenze abbia fatto una sorta di giuramento a se stessa e all’Italia: non daremo un solo dito a coloro che adesso detengono il potere. I quali non hanno speso una sola parola chiara per denunciare l’aggressione al Michelangiolo. Così come neanche una parola di pietà umana e soprattutto di impegno civile è stata pronunciata verso i migranti che attraversano il Mediterraneo, o verso i lavoratori poveri o espulsi dal processo produttivo.

Questa è la linea di demarcazione che sabato è stata tracciata.

L’importanza dell’alleanza civile e democratica

Una grande alleanza civile e democratica. Non tanto fra PD e M5S, su cui si sofferma la stampa succube del gossip. Sebbene, il fatto che queste due forze tornino a parlarsi sia importante. Il rancore e la concorrenza elettorale fra i due, perseguita con stolida perseveranza dalle due dirigenze nei mesi trascorsi ha portato alla perdita di due Regioni e soprattutto all’avvento al potere di una destra revanchista e pericolosa, cosa di cui non potremo mai perdonarli.

Ma l’alleanza di cui ha dato prova la piazza di Firenze è più importante. E’ quella fra il mondo del lavoro e quello della scuola. Tutti e due uniti. La “triplice” sindacale e i sindacati di base. Gli studenti, i professori, il personale e i dirigenti scolastici. Mi viene da dire tutta l’ampia galassia dei “lavoratori della conoscenza”, studenti compresi.

Un mondo che ha preso delle notevoli batoste, anche dal Pd di Renzi per dire, ma che evidentemente ha delle risorse civili che ancora può mettere al servizio della democrazia. Ne sono testimonianza viva gli studenti che hanno parlato dal palco: elaborazioni, idee, riflessioni, non slogan urlati, nuovi o vecchi che siano. E i lavoratori. Anche questi colpiti duro dalle crisi economico-finanziarie che si sono scaricate solo lì, dalla destrutturazione e annichilimento dei diritti, dal Jobs Act (Renzi nuovamente) e anche dalle divisioni fra i loro sindacati. Ma che, costituendo il nucleo duro della manifestazione di sabato, dimostrano di essere la vera riserva della Repubblica.

La sinistra a questo mondo deve guardare se vuole ritrovare il proprio senso e non limitarsi a maquillage nominalistici. Il lavoro, che è insieme l’antico e il nuovo di quella piazza. Come Firenze, di cui infine non si può non essere orgogliosi: la sua anima antifascista, civile e democratica che riemerge sempre nei momenti difficili, sotto tonnellate di vuota retorica sul Rinascimento e di consumo turistico.

Ecco, qui la sinistra, i suoi nuovi dirigenti, politici e sociali, può ritrovare una sua strada, che unisce e non divide, costituzionale e non fatta di like, sociale e non di ceto politico. Che metta fine al governo delle barbarie, perché come scriveva Joseph Roth da Parigi a Stefan Zweig nel gennaio 1933, “l’inferno è al potere”.