Famiglie omogenitoriali, hanno ragione i sindaci che resistono
I sindaci di grandi città come Bologna (Matteo Lepore), Milano (Beppe Sala), Firenze (Dario Nardella), Roma (Roberto Gualtieri), Torino (Stefano Lo Russo), Napoli (Gaetano Manfredi), Bari (Antonio De Caro), Verona (Damiano Tommasi), Padova (Sergio Giordani) e di tanti altri comuni più piccoli hanno dichiarato che continueranno a riconoscere la condizione giuridica dei figli di famiglie omogenitoriali, garantendo loro pari trattamento in contrasto con le indicazioni del governo Meloni. Insomma, non ci stanno.
Non ci stanno a che cosa?

A continuare a scaricare su prefetti e sindaci l’inerzia e la pavidità del Parlamento, cui due sentenze della Corte Costituzionale imporrebbero una legge sulla genitorialità omosessuale e cui l’UE chiede il riconoscimento.
Al polverone pretestuoso che si è voluto alzare spostando l’attenzione dal tema dei diritti a quello della gestazione e mischiando artatamente le carte su questioni diverse, usando bambini e bambine come ostaggi della strenua difesa della famiglia tradizionale.
A proporre a questi bambini e bambine il suggerimento disumano e il pensiero angosciante che la loro vita sia un abominio di cui vergognarsi, il “prodotto” di un crimine, il “risultato” di una perversione comparabile alla pedofilia. Che possano sentirsi “spacciati come figli” da chi chiamano da sempre mamma o papà.
Al neanche troppo celato tentativo da parte di una maggioranza mai così oscurantista di riportarci indietro di decenni, attaccando e additando come colpevoli di lesa biologia le coppie omosessuali. C’è sempre bisogno di un bersaglio, anche quando lo si ripropone in mutate forme.
Ad avallare un concetto di ‘normalità’ che una ricca bibliografia antropologica ha definitivamente smontato.
Ad approfondire il solco che si è creato dentro lo stesso femminismo, che si lascia trascinare a toni aggressivi e a profonde spaccature senza ascolto e senza dialogo. Lacerano le donne, scoraggiano le giovani e danno dei movimenti un’immagine negativa, che non può che favorire il pensiero unico di destra.
A indurre a pensare che l’alienazione mercantile del corpo delle donne – peraltro così determinante nella cultura berlusconiana – si possa combattere a suon di condanne e che possa assurgere a rilievo politico solo in nome del maternalismo.
A far credere infine a un pubblico disinformato che la GPA nel nostro Paese sia lecita, che la sinistra l’approvi e la difenda.
No, madre italiana e cristiana, fratelli vecchi e nuovi, non ci stiamo.
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