Eurallumina, ex Alcoa
Rwm: la Sardegna
capitale delle vertenze

La considerano l’isola delle vertenze. Con gruppi di operai in presidio permanente, altri pronti a scendere in piazza. Dopo la chiusura delle miniere metallifere, in Sardegna è iniziato, seppure a piccoli passi, un declino produttivo e industriale. Che riguarda diversi settori che vanno dalla metallurgia dell’alluminio alla manifattura, continuando anche con l’industria bellica.

Le vicende più note, e che durano ormai da anni, sono quelle della filiera dell’alluminio che nascono nel distretto industriale di Portovesme, nella Sardegna sud occidentale. Due vertenze distinte ma che viaggiano in parallelo.

Da una parte il primo anello della filiera, con la storia dell’Eurallumina. L’azienda, controllata dalla russa Rusal, sino alla fermata del marzo 2009 produceva allumina (materia prima che si usa per dare vita all’alluminio primario) dalla raffinazione della bauxite. Cinque anni fa il gruppo ha avviato un programma finalizzato alla riattivazione degli impianti e quindi alla ripresa della produzione. Il tutto sostenuto da investimenti per oltre cento milioni di euro. “Il progetto stenta ancora a partire perché mancano le ultime autorizzazioni – dice Francesco Garau, segretario regionale della Filctem – e si tratta della valutazione di impatto ambientale necessaria per far sì che si possa costruire il vapordotto, ossia la struttura che consenta alla fabbrica di approvvigionarsi di vapore dalla vicina centrale elettrica”. A fare i conti con tempi dilatati sono anche i lavoratori dell’ex Alcoa oggi Sider Alloys. La nuova azienda ha acquistato gli impianti utilizzati per la produzione di alluminio primario sino alla fermata del 2012, ha assunto circa 140 persone e predisposto gli interventi per la ristrutturazione. A frenare il via libera alle opere definitive (sono previsti interventi per circa 135 milioni di euro e l’assunzione di altre 300 persone) la firma sull’accordo bilaterale per la fornitura di energia. In attesa che si sciolga questo nodo l’azienda ha avviato un programma di smaltimento ferie dei lavoratori.

Legata alla chiusura dell’ex Alcoa c’è anche la vicenda dei metalmeccanici licenziati dall’azienda Usa e non assunti dalla nuova impresa. Sono gli ex dipendenti oggi appesi agli ammortizzatori sociali. “Non siamo né carne, né pesce -dice Bruno Usai, delegato rsu ex Alcoa e componente segreteria Fiom – e questo fatto ci preoccupa parecchio”.

Nel Sulcis Iglesiente, qualche settimana fa è scoppiata un’altra grana. E’ quella dei lavoratori della Rwm, azienda controllata dalla tedesca Rheinmetall e specializzata nella produzione di armamenti bellici. Il Governo ha sospeso le licenze di esportazione di materiale bellico verso i paesi arabi. E, davanti a un calo di commesse, c’è stato il mancato rinnovo di un centinaio di contratti di lavoro a tempo determinato. Una situazione che “desta particolare preoccupazione” commenta Nino D’Orso, della segreteria Femca regionale. “C’è da ricordare poi che la questione ex Ilva ha una ripercussione anche nello stabilimento Sanac di Macchiareddu (alle porte di Cagliari ). A fare i conti con la chiusura di diverse realtà produttive anche la piana di Ottana dove della manifattura è rimasto un sogno.

Vertenze aperte anche per il porto di Cagliari, e soprattutto sul fronte energetico. Entro il 2025 è fissato il termine per lo spegnimento delle centrali a combustibili fossili. Un fatto che ha spinto i sindacati ma anche la Regione a prendere posizione sollecitando un’accelerazione sulla questione metanizzazione ma soprattutto a individuare una eventuale proroga per evitare che l’isola possa rimanere senza energia. Perché proprio il metano e il collegamento con tutti i centri della Regione, viene visto come un’opportunità per rilanciare i settori produttivi e la manifattura anche nelle periferie.