Energia,
non solo un piano:
la UE prepara i Bond

Per far fronte alle ancora imprevedibili conseguenze delle sanzioni decise dall’Unione europea nei confronti della Russia nel settore dell’energia e per rendere gli Stati membri meno dipendenti dal gas russo e quindi dai ricatti di Vladimir Putin nel sostegno all’Ucraina, la Commissione europea ha presentato l’8 marzo un piano denominato RePowerEu fondato su tre priorità: la riduzione del costo dell’energia per privati e imprese, la diversificazione degli approvvigionamenti sia in relazione ai paesi esportatori che alle fonti di energia e i maggiori investimenti nelle energie rinnovabili e alternative e cioè pulite.

I limiti del Trattato di Lisbona

L’obiettivo ambizioso della Commissione è quello di ridurre la dipendenza dal gas russo del 90% entro la fine dell’anno, ma la sua realizzazione dipende da molti fattori e la diversificazione dei Paesi esportatori non è sempre coerente con la riduzione dei costi dell’energia, considerando ad esempio che il gas liquido che proviene dagli USA è attualmente più caro di quello russo e che i tempi per la transizione alle energie pulite rischiano di essere molto lunghi.

Il piano della Commissione è stato discusso il 9 marzo al ministero dell’economia francese con commissari, esperti e politici su invito del ministro Le Maire e in vista del Vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE convocato da Macron a Versailles il 10 e 11 marzo che avrebbe dovuto essere dedicato alla riforma della governance economica, ma la cui agenda è stata sconvolta dall’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio.
La Commissione si è mossa con un eccesso di prudenza per non interferire nei diritti degli Stati membri previsti dal Trattato di Lisbona e che rendono molto impervia la via della realizzazione di una vera unione dell’energia. Ciascuno Stato può determinare autonomamente le condizioni per lo sfruttamento delle proprie risorse energetiche, scegliere autonomamente le fonti di energia e definire la struttura dell’approvvigionamento creando divisioni fra gli Stati, competitività nelle relazioni con i paesi esportatori, irrilevante capacità negoziale dell’Unione europea e, last but not least, posizioni tendenzialmente diverse sull’inasprimento delle sanzioni alla Russia.

Ancor prima dell’invasione del 24 febbraio era stato posto da più parti e anche dal presidente del Consiglio Draghi la necessità e l’urgenza di usare per le fonti di energia lo stesso metodo che è stato usato per la lotta alla pandemia e i vaccini, autorizzando la Commissione a negoziare a nome di tutta l’Unione, ma nulla è stato fatto di concreto in questa direzione e la crisi ucraina dovrebbe finalmente spingere gli Stati membri verso la realizzazione dell’unione dell’energia superando i limiti del Trattato e aprendo la strada ad attribuire all’Unione una competenza esclusiva quando si metterà mano alla revisione del Trattato, passando attraverso una cooperazione rafforzata fra un numero più limitato di Stati membri.

Il modello della gestione pandemica

Al di là del piano energetico si è tuttavia aperta una discussione più importante sulla natura, sulla dimensione e sugli obiettivi degli strumenti finanziari creati dall’Unione europea – su proposta della Commissione – per combattere gli effetti economici e sociali devastanti della pandemia e che ora rischiano di essere ancora più drammatici nello sconvolgimento geopolitico, umano e militare provocato dall’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio.

La questione è stata posta in varie dichiarazioni da Paolo Gentiloni, che ha sollevato l’attenzione sul fatto che, dopo la transizione ecologica e digitale, l’Unione deve farsi carico della sua autonomia strategica nel settore dell’energia e della difesa e che queste priorità sollevano già oggi e non più alla scadenza del NGEU nel 2026 il tema del consolidamento degli strumenti finanziari di cui si è dotata l’Unione europea nel 2020 accanto al bilancio pluriennale 2021-2027.

L’agenzia Bloomberg ha pubblicato la notizia che nei servizi della Commissione si stava studiando la possibilità di creare nuovo debito pubblico europeo come quello che è stato creato per finanziare il NGEU e che dovrà essere rimborsato dagli Stati membri sulla base del loro prodotto interno lordo e attraverso contributi nazionali (al di là dei prestiti o loans che ogni Stato dovrà rimborsare autonomamente). Secondo l’agenzia Bloomberg, lo strumento per finanziare una nuova tranche di NGEU dedicato all’energia e alla difesa potrebbe essere quello degli Eurobond che richiama l’idea dei Coronabond al tempo della pandemia e che furono proposti a suo tempo da Romano Prodi e da Alberto Quadrio Curzio.

Il vicepresidente della Commissione europea Timmermans ha fatto una smentita dicendo che questa proposta non è allo studio dei servizi della Commissione ma di alcuni Stati membri e il tema è strettamente legato alla cosiddetta “perennizzazione” del NGEU al fine di dotare l’Unione di una sua autonoma capacità fiscale e degli strumenti per garantire beni comuni come le infrastrutture nel settore dell’energia e settori sensibili di difesa comune con evidenti economie di scala.

Il dibattito è destinato ad allargarsi e sarà interessante verificare la posizione del governo italiano, che può contare su una larga maggioranza in parlamento, e le alleanze che potranno essere costruite in Europa sapendo che c’è una forte convergenza con il governo francese e quello spagnolo.