Emergency contro la guerra, ancora. Grazie Gino, continuiamo noi

Una dichiarazione di debito. E una promessa. Grazie Gino, continuamo noi. Gino Strada ci ha lasciati quasi un anno fa, era il 13 agosto. Per molti c’è ancora, con la sua coscienza, con il suo rigore, con la sua quieta inquietudine. Con la sua capacità di rimboccarsi le maniche, studiare e poi fare quello che va fatto.
E’ questo il messaggio della mostra che alcuni compagni di strada gli hanno dedicato. A Palazzo Braschi, nelle salette del cortile (piazza s. Pantaleo 10, Roma), la mostra sarà visitabile dalle 10 alle 19 dal martedì alla domenica fino al 4 settembre. L’ingresso è gratuito, ma il debito è reale: chi può, sostenga Emergency. Che dal 1994 ha offerto cure gratuite e di qualità a 11 milioni di persone nei posti più martoriati dalla guerra e dalle emergenze climatiche.

L’eredità di Gino Strada. E di Emergency

Gino StradaPerché è questa l’eredità che Gino Strada ci ha lasciato: Emergency non è solo il suo progetto, ma quello di chi voglia pace, giustizia, salute, solidarietà e rispetto dei diritti umani. E, sì, anche l’uscita dallo scandalo della povertà.
E’ per questo che una trentina di illustratori, disegnatori, artisti si sono ritrovati attorno a questo progetto. E ognuno ha disegnato il cuore del suo debito con Gino, che è anche il nostro. Tra loro, Zerocalcare e Stefano Disegni, Fabio Magnasciutti e Chiara Rapaccini, Riccardo Mannelli e Martoz, Makkox e Mauro Biani e Gud. I giovani artisti dello Ied hanno invece disegnato gli autori al lavoro, murale all’ingresso della mostra.

Il disegno del manifesto è dovuto a Gud-Daniele Bonomo, che ci mostra un infaticabile Gino che ruba il filo rosso che riveste la parola guerra, e la lascia lì nuda.


Si fa quello che va fatto

Zerocalcare e Bevilacqua asfaltano una strada, bitume e matita, temperino e ramazza. Una strada che porta là dove bisogna arrivare. Magnasciutti schiera tre squadroni di papaveri rossi (sì, quelli della guerra di Piero) e uno sciame di api, e li titola Let it bee.

Chiara Rapaccini visualizza un cuore e le grandi, sterminate radici cresciute nei luoghi che sono diventati anche nostri, dove è stato possibile, almeno un po’, lenire i dolori delle guerre e dell’esclusione. La patria, diceva un grande scalabriniano che ci ha lasciato troppo presto, Arcangelo Maira, è lì dove ci è possibile cambiare le cose.
Makkox ritrae Gino Strada che dice: “E mo’, senza di me, so’ cazzi vostri”. Ammettendo poi: “Sì, ora tocca a noi”. Ma è Stefano Disegni che la racconta meglio, con una dei suoi fumetti “lunghi”. Un paradiso con le nuvolette, l’appello dei grandi pensatori e attivisti per la pace, da Ghandi a Martin Luther King, da Mandela a don Milani a Gesù… Manca solo Gino Strada. E’ lontano diverse nuvolette, che guarda giù e si dispera, si sforza di tornare, sa che c’è bisogno di lui, ancora e ancora. Ma tornare non si può, neanche nel paradiso stereotipato delle nuvolette. Saranno i suoi nuovi-vecchi compagni a dirgli: non ti preoccupare, ascolta… E da giù, insieme alle notizie tremende di questi tempi, arriva anche una risposta corale: “Grazie Gino, continuiamo noi”. Già. Adesso tocca a noi.