Ecco la poetica del lockdown,
questo tempo fragile e per noi spietato

Campi d’ostinato amore.  I cori che vanno eterni /tra la terra e il cielo, / ma tu li ascolti / Jacopo quei cori? / ho visto / il falco in volo / con la serpe / trafitta nella gola / dai curvi artigli, / l’estremo pigolio dell’uccelletto / che la biscia verdastra / afferra e ingoia, / tra i rami non s’aggirano / le ninfe, / un giorno le incontrai / in remoti boschi, / l’assurdo poco oscura / nevi e foglie / non scolora i bei crochi / nei greppi folti, / ma il tuo male / figlio delicato, / quel pianto che non sai / se riso, stridulo / che la gola t’afferra / più d’ogni artiglio, / questa bella famiglia / d’erbe e animali / fa cupa / e senza senso / e dolorosa // siamo scesi un giorno / nei greppi folti, / abbiamo colto more / tra gli spini, / ora tu stai rinchiuso / nelle stanze / e il mio ginocchio che si piega / e cede / a quei campi amati / d’un amore ostinato, / sbarra l’entrata // aspetto i favagelli  / del febbraio, / tiepidi contro il gelo / sbucare fuori.

E’ stato proprio un articolo dedicato a Jacopo, figlio del poeta Umberto Piersanti, tra i più importanti poeti italiani contemporanei, a portare su Strisciarossa l’avventura di Universopoesia. Era la scorsa primavera, era il primo lockdown. Oggi che ci troviamo nuovamente in una fase di restrizioni e limitazioni le vicende di tutte le persone fragili, “delicate” per usare le parole del poeta di Urbino, tornano inevitabilmente all’attenzione di chi quotidianamente vive malattie o disturbi della personalità. Alla loro delicatezza dovremmo dedicare molta della nostra attenzione, dovremmo farlo sempre. Anche in tempi differenti.

Ostinazione

Piersanti esce con un nuovo libro “Campi d’ostinato amore”  e nella poesia che dà il titolo all’opera, e nello stesso titolo, sta tutto il tema: è l’ostinazione di cogliere le more tra gli spini, l’ostinazione con cui si cerca la dolcezza del frutto nonostante il dolore dei rovi. Il rovo della malattia, la malattia congenita, non ha scampo, non deriva da condotte di vita particolari, da eccessi: questo genere di malattia va accolto e va affrontato per quello che è, in maniera appunto ostinata.

Ostinata come può essere l’autoreclusione all’interno di una stanza, che è quello che succede nel caso dell’autismo di Jacopo e di molte altre persone, in Italia e nel mondo.

E questa poesia scritta nel 2017 prima di qualsiasi lockdown diventa così anche nostra, più di tanti racconti delle nostre attuali limitazioni indotte dalla contingenza. La natura da sempre è il luogo dove Jacopo può sentirsi come chiunque altro, l’anormalità non sta in lui ma in una società che non è pronta ad accogliere la natura delle cose.

Eppure Piersanti ci ricorda che anche dopo il più rigido inverno i favagelli, piccoli ranuncoli che crescono sul bordo dei ruscelli, presto torneranno a crescere come una nuova nascita, come una nuova primavera, e ancora una volta ostinatamente.

Con quella stessa ostinazione dobbiamo attendere oggi, non con la pazienza del tempo necessario per arrivare a un vaccino, non solo per quello almeno, non solo per curare i nostri corpi, ma soprattutto per cercare dentro di noi nuovi atteggiamenti umani. Umberto Piersanti ha reso il figlio Jacopo protagonista del Novecento letterario italiano, e assieme a lui la fragilità e la delicatezza nostra e della natura che ci circonda, quella natura che troppo spesso abbandoniamo in nome di un miglioramento sociale e tecnologico che produce soprattutto scorie, non solo materiali, ma soprattutto umane.

Con ostinazione ricordiamoci che la pandemia si concluderà, speriamo nel più breve tempo possibile, ma gli strascichi nei nostri rapporti quelli rimarranno, l’incapacità di comunicare, più che nel caso di Jacopo colpirà noi e le persone a noi vicine, colpirà perfetti sconosciuti, ci colpirà antropologicamente. Forse la poesia, la vera poesia, pura, nuda, reale è l’unico vero e ostinato vaccino a questo tempo davvero fragile, e spietato.

 

Umberto Piersanti, Campi d’ostinato amore, La nave di Teseo.