Due ore di esame per l’avvocato del popolo. Poi Mattarella dà l’incarico al professore

Quasi due ore di colloquio tra il presidente della Repubblica e il professore che è stato indicato come premier dalla coalizione giallo-verde. La durata del confronto è una eccezionale prima volta per i tempi istituzionali. Così come fuori da ogni precedente lo è stato la stesura del contratto a due mani  da parte dei “saggi” leghisti e grillini. E, più di ogni altra cosa, lo è l’imprevedibile patto tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini che le elezioni del 4 marzo le hanno vissute da avversari e che ora si accingono a guidare insieme l’Italia con quel governo del cambiamento che, nell’affrontare i problemi concreti, dovrà dimostrare la propria capacità. Ed anche la coesione.

Giuseppe Conte è arrivato in taxi al Quirinale, in linea con le indicazione dei pentastellati  che le auto blu le hanno bandite e preferiscono andare a piedi, in autobus, o guidando la propria utilitaria. I tempi cambiano. Anche se il taxi di ritorno, al termine del lungo confronto, è stato scortato. Le questioni di sicurezza lo impongono. E’ arrivato, il professore, sull’onda delle polemiche di questi giorni sul curriculum e sulle vicende fiscali. Visibilmente emozionato, teso, in mano una cartellina con i compiti fatti a casa che poi gli sono stati ampiamente corretti dall’esaminatore. Discorso dell’accettazione con riserva scritto assieme ai suoi supporter politici. Non poteva essere altrimenti. Correzioni fatte sotto l’occhio vigile di Mattarella. Doveva andare così. Se no, niente.

L’attesa è stata lunga. La tensione concreta. Poi, introdotto dal segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, è giunta l’ora dell’accettazione “con riserva” dell’incarico appena ricevuto. “Con il presidente della Repubblica abbiamo parlato della fase impegnativa e delicata, e delle sfide, che ci attendono e di cui sono consapevole di confermare la collocazione internazionale ed europea dell’Italia”  ha detto il professor Conte aggiungendo che “il governo dovrà cimentarsi da subito con i negoziati in corso sui temi del bilancio europeo, della riforma del diritto d’asilo e del completamento dell’unione bancaria. E’ mio intendimento impegnare l’esecutivo su questo terreno, costruendo le alleanze opportune e operando affinché la direzione di marcia tuteli e rifletta gli interessi nazionali”.

Da queste parole si capisce che il presidente Mattarella deve avere molto insistito sulla questione Europa, sull’appartenenza dell’Italia ad un patto di cui è stato paese fondatore, sulla necessità di comporre una squadra di governo tale da rispettare gli impegni fin qui presi e anche di muoversi in un alveo che non può essere messo in discussione. Sullo sfondo la discussa figura di Paolo Savona, possibile ministro dell’Economia, le cui posizioni anti euro potrebbero scontrarsi con una impostazione di  questo genere. Savona e non solo. Di Maio prima della svolta. Salvini è quasi inutile citarlo.

Dopo ottanta giorni dal voto il Paese si trova con un premier nuovo di zecca. Un non politico. Un autentico tecnico, categoria fin qui bandita, che si è proposto come “avvocato difensore del popolo italiano”. Per farlo “sono disponibile senza risparmiarmi”. Tenendo ben presente le indicazioni avute in quel paio d’ore faccia a faccia con il Capo dello Stato, rispettando le prerogative del presidente della repubblica e il dettato costituzionale troppe volte dimenticati in questi giorni dagli esponenti delle forze politiche che hanno conquistato l’impegno a governare.

Visita come da prassi ai presidenti di Camera e Senato. Da oggi le consultazioni con i partiti, tutti, presenti in Parlamento, anche per cercare un sostegno all’esecutivo che al Senato può contare solo su sei voti in più. Avendo il centrodestra perso il suo leader per ragioni di governo Conte si trverà Berlusconi dall’altra parte del tavoloPrima prova dura sarà il voto di fiducia che, proprio per questo motivo, sarà fatto al Senato. E poi alla Camera dove i voti sono di più.

Grande tensione nei palazzi e fuori. Il timore che la nomina potesse saltare all’ultimo momento è stato visibile nonostante lo sbandierato ottimismo. L’attacco grave a Sergio Mattarella del non più parlamentare  Alessandro Di Battista (con il padre ancor più minaccioso a dargli manforte) per imporre un’accelerazione al Colle ha fatto correre un brivido lungo la schiena di Luigi  Di Maio che alla fine, a incarico arrivato, ha dovuto confessare che “è una liberazione”. Perché i “governi storici” questo sono quando sono a un passo. E quasi fanno venire nostalgia della lotta. Ma due parti in commedia non si possono fare. O sì? Potrebbe essere un’altra novità.

Mentre Confindustria critica e chiede con quali fondi il governo prossimo venturo coprirà gli impegni sottoscritti in campagna elettorale, mentre lo spread sale e la borsa è in sofferenza,  resta il nodo della lista dei ministri da proporre al presidente della Repubblica. Per poi arrivare al giuramento e alla fiducia. Si sta mostrando più complesso del previsto l’equilibrio  tra le forze a sostegno dell’esecutivo. L’unica certezza concreta sembrano i due dicasteri che andranno a Salvini e Di Maio, Interni e Lavoro, in linea con la propaganda elettorale. Saranno anche vice premier? Consigliato scongiurare l’effetto di Pinocchio tra i due carabinieri…