Via dalle Tv chi predica l’odio antistranieri
Per i fatti di Macerata parliamo di terrorismo razzista e nazifascista? No, non ne parliamo, non lo diciamo espressamente e non ci titoliamo le prime pagine, ci limitiamo a parlare di raid (xenofobo, razzista, qualcuno azzarda fascista e leghista), sminuendo la portata dell’evento e mostrando una volontà mediatica tesa a ridimensionare l’episodio, non infierendo troppo sulle destre nazionali che dopo tanto aver incitato all’odio sociale e razziale oggi si limitano a definire un pazzacchione lo sparatore nazi candidato leghista. Quando non lo giustificano parlando di provocazione ambientale…
Sarebbe stata la stessa cosa se uno squilibrato affascinato dalla propaganda dell’Isis avesse sparato contro un gruppo di ragazzi in un bar, per liberare il mondo dagli infedeli? Lo avremmo chiamato terrorista indicando come colpevole anche chi ha armato la sua mano teorizzando la guerra agli infedeli e chiamando gli adepti all’azione? Credo si sì. Con una certa facilità mediatica.
Quando invece lo squilibrato è bianco, razzista e nazifascista, e spara su persone innocenti animato dai discorsi d’odio ormai sdoganati al punto da essere accettati da media e politica? Per coerenza occorrerebbe seguire lo stesso percorso. Il mandante morale andrebbe perseguito così come lo sparatore. E se lo sparatore è un terrorista, il mandante o i mandanti sono seminatori di odio e di terrore, quindi senza fare troppi distinguo, sono terroristi anche loro. Sono terroristi quelli che ululano in tv a ogni pié sospinto che vada fatta pulizia nei quartieri, che esaltano ogni tipo di razzismo e fascismo con sorrisi e pacche sulle spalle. E complici quelli che mettono loro davanti un microfono.
Quindi stamattina sarebbe stato interessante leggere senza tatticismi questo titolo: Terrorista fascio-razzista spara sui passanti dalla pelle nera. Con qualche elemento in cui si spieghi che Salvini e Forza Nuova giustificano l’azione – con una certa coerenza a dire il vero… – dopo aver armato la mano del terrorista.
Invece i titoli di oggi spiegano meglio di ogni analisi il perché siamo arrivati su questo baratro democratico. Libero: “Apre la fabbrica del razzismo”. La Verità: “Immigrazione da pazzi”. La Repubblica: “Raid razzista che avvelena le elezioni”. Il Mattino: “Tiro a segno sugli immigrati”. Il Giornale? Boh…
Ha scritto ieri, condivisibile, Cecilia Strada: “Posto che il mondo continuerà ad essere abitato anche da persone squilibrate, il correttivo urgente – oltre a evitare di candidarli alle elezioni, possibilmente, se sei un partito – è guardare lo spazio del discorso pubblico e politico in cui quei colpi sono stati sparati. E fare pulizia, proprio quello: non quartiere per quartiere ma partito per partito, trasmissione per trasmissione, una pulizia del discorso. Perché ci sono discorsi, quelli di odio, che non sono discorsi come gli altri. E non dovrebbero trovare ossigeno. Non dovrebbero imbruttirci la vita ogni giorno. E non dovrebbero avere la possibilità di parlare a un balordo con la pistola. I discorsi di odio che dobbiamo iniziare a chiamare col loro nome, poi buttarli fuori dalla politica. E dai media, amici giornalisti, per favore: un discorso d’odio contro gli stranieri deve ricevere lo stesso trattamento che avrebbe chi in prima serata proponesse di legalizzare la pedofilia, o il diritto di mangiarsi un vicino di casa se sei rimasto col frigo vuoto. Non gli daremmo un microfono, tanto meno il voto, ma il numero di uno psicologo esperto. E non sarebbe censura, ma ecologia. Urgente, secondo me”.
Ecco, sarebbe utile ricordare le basi della nostra democrazia, quelle della professione giornalistica. Ed avere più coraggio nel dire le cose come stanno sottraendosi al flusso incantato dei luoghi comuni che titolano al posto dei giornalisti. Chi ha a cuore la libertà e la giustizia sociale proprio di fronte a questo baratro deve capire qual è la posta in gioco, quali errori storici non possono essere fatti. Il giornalismo la smetta di indossare il fez o di trovarlo grazioso: la destra è destra perché ritiene l’ingiustizia sociale la base filosofica sulla quale basare il diritto del più forte sul più debole. E declinando il concetto: dell’uomo sulla donna, del bianco sul nero, dell’inquinatore sugli straccioni che ne subiranno gli effetti, del costruttore seriale sul cittadino indifeso, del cementificatore sulla natura.
E l’abbellimento mediatico e strategico non camuffa l’orrore di quello che stiamo vivendo e che potranno vivere i nostri figli. Se il mondo è buio, si perderà la bellezza e governerà la paura. Non è quello che temiamo possa accadere?
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