Ora dobbiamo
rifondare
la casa della sinistra
Faccio appello al “popolo perduto” della sinistra, a chi si è allontanato perché deluso dalle scelte compiute in questi anni, a chi si è sentito abbandonato o persino tradito. Venite e cambiateci. Portate le vostre idee, le vostre passioni, i vostri valori, il bisogno di voltare pagina, di segnare la discontinuità più netta con gli errori dell’ultima stagione e con tutte le ambiguità e i limiti che l’hanno preceduta. Per tutto questo, forse le primarie non sono lo strumento migliore. Ma oggi solo l’unico strumento a disposizione per affermare un’alternativa politica di centrosinistra nell’Italia del 2019. Per ricostruire, abbiamo bisogno che il Pd cambi radicalmente. È una condizione indispensabile. Forse non sufficiente, ma necessaria.
È il momento di percorre nuovi sentieri. Non solo in Italia. Dobbiamo avere la forza e le idee per portare il cambiamento nel cuore del socialismo europeo, che ha tentato il suicidio seguendo la strada delle grandi coalizioni. Quella stagione deve considerarsi finita, di fronte ai popolari che rischiano di consegnarsi a Orbán e a Salvini. Per impedire che questo accada è ovvio che si devono fare alleanze, ma in primo luogo bisogna farle con la nuova sinistra, coi verdi, e anche con quei liberaldemocratici che vogliono chiudere con l’austerità e con il predominio degli egoismi nazionali. Per salvare l’Europa, non basta difendere quella che c’è, che ha favorito l’avanzata dei nazionalpopulisti e l’affermarsi della loro strategia della paura.
Anche in Europa bisogna riaffermare il discrimine tra destra e sinistra. Per questo una lista unitaria, che tutti auspichiamo, non deve puntare a recuperare i delusi del centrodestra (magari ci fossero!), diventare un indistinto senza anima sociale. Deve recuperare i delusi del centrosinistra e dal centrosinistra, partendo dalla critica all’austerità e proponendo un nuovo modello di sviluppo.
È il cuore della proposta di Nicola Zingaretti, di società e di economia giusta, che trovate nella sua mozione. E va perseguita superando le divisioni del passato e accantonando quella sindrome di autosufficienza e di superiorità. Tutti evocano la parola unità, a cominciare da quelli che hanno diviso e lacerato il nostro campo. Ma l’unità non va perseguita tra i gruppi dirigenti responsabili della peggiore sconfitta della storia della sinistra italiana. Il vero compito di una nuova classe dirigente è ricostruire l’unità con i settori della società a cui abbiamo voltato le spalle o che abbiamo dimenticato, con i giovani che esprimono nuovi bisogni sociali e persino etici.
Di fronte al crollo del M5S, fagocitato da Salvini, dovremmo dire a un pezzo di elettorato: tornate a casa. Ma la casa non può essere quella di prima. Deve essere rifondata, resa accogliente.
Venite a votare alle primarie del Pd. Per dimostrare che un’alternativa è possibile. E attenzione, non basta l’alternativa al governo gialloverde, che già si tinge di nero. Troppo facile. La sinistra deve essere alternativa a un sistema economico dominante che crea disgregazione, povertà e infelicità sociale.
Bisogna smettere di inseguire gli avversari sul loro terreno. La prima fonte di insicurezza è la mancanza di lavoro, la crisi del welfare, lo sgretolamento delle istituzioni. Bisogna ripensare tutte quelle politiche che non hanno saputo contrastare questa deriva o, peggio, l’hanno favorita. E individuare strumenti nuovi per far avanzare l’uguaglianza, nella libertà. E bisogna tornare a pronunciare quel nome, che riaccende nuove speranze oltreoceano: il socialismo. In questi anni hanno fallito sia i riformisti senza riforme sia i radicali che non hanno trovato le radici nella società. È il momento che riformisti e radicali tornino insieme, quella divisione non ha più alcun senso. Serve invece un progetto di cambiamento radicale, ma che si ponga in modo credibile e autorevole la sfida del governo.
La deriva oligarchica dell’economia e della politica hanno favorito l’affermarsi di una destra nuova, illiberale e liberista al tempo stesso, che con la sua politica economica e la sua concezione della democrazia non fa altro che accentuare e rendere più pericolosa quella deriva. È una grande contraddizione. Ma in questa contraddizione c’è lo spazio per una sinistra plurale, che sia capace di ritrovare la sua missione e di stare insieme superando il narcisismo delle piccole differenze. In fondo, è questa la vera grande sfida che abbiamo di fronte. Basteranno le primarie ad affrontarla? Certo che no. Ma possono rappresentare un primo passo. Un passo che dobbiamo compiere insieme
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