Chi e perché
sta regalando il Paese
a Matteo Salvini

La domanda è semplice: a chi conviene andare avanti? A chi può far comodo un governo nel caos, diviso, paralizzato, incapace di dare risposte ai problemi più seri?

Ai 5 Stelle non pare proprio. Almeno politicamente: hanno ingoiato la Tav, i decreti xenofobi e l’affare Salvini-Savoini, e prima il Tap e l’Ilva e molto presto magari ingoieranno la cosiddetta “autonomia differenziata” delle regioni del nord. Di fatto una capitolazione su tutti i temi attorno ai quali avevano costruito la loro identità e i loro successi.

Ritorno alla prima repubblicaA Salvini? Certo è lui l’uomo forte del governo e della politica, quello che dispone degli alleati, fino a umiliarli. Ma andare a Palazzo Chigi resta l’obiettivo, finché non lo realizza non è un vero vincitore.

Cui prodest?

E allora a chi? Se si mette da parte la politica, se si ragiona principalmente sugli interessi di carriera e sui destini individuali, sono tre i protagonisti ad avere un indubbio tornaconto: Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Davide Casaleggio.

Di Maio, il capo politico, attualmente è quello messo peggio: sotto la sua guida il Movimento ha conquistato il suo massimo storico e il governo, per poi rapidamente dilapidare tutto o quasi, fino al tonfo delle elezioni europee. Per quanto possa sembrare assurdo, è proprio Salvini (quello che gli ha fatto ingoiare la Tav, i decreti xenofobi e tutto il resto) la sua assicurazione (politica) sulla vita: se il capo leghista rompe e la legislatura salta, la leadership del Movimento esplode in un attimo. Anche senza le bizzarre regole sui mandati, non sarebbe certo lui, Di Maio, a traghettare i 5 Stelle nella nuova fase. E poi, con i sondaggi in costante calo, sarebbe comunque condannato all’irrilevanza.

Conte, il bluff

Giuseppe Conte, invece, sembra godere di un un buon momento, con gli indici di gradimento in salita (ma fateci caso, tutti i premier, solitamente sono sempre davanti agli altri). Politicamente, istituzionalmente, umanamente, però, è un bluff assoluto, e non a caso solo il Fatto quotidiano lo può considerare uno statista. Giunto a Palazzo Chigi come un tecnico qualsiasi (anche se non si sa di che cosa) si è barcamenato abilmente come magari fa nella sua professione. Alle parole non fa seguire quasi mai i fatti: all’inizio dell’estate aveva minacciato di andarsene se i capi di Lega e 5 Stelle non avessero smesso di litigare, e naturalmente è sempre lì al suo posto. A volte fa la voce grossa con Salvini, ma poi gli concede tutto: dalla Tav alla “piena fiducia” sul caso Savoini-Metropol. Anche lui, del resto, sa bene che dopo questa occasione non ne avrà un’altra, non almeno così in alto.

300 euro al mese

Infine Davide Casaleggio. Per lui il calcolo è molto più materiale. Ogni parlamentare 5 Stelle deve consegnare alla sua società 300 euro al mese: con i numeri dell’attuale legislatura è un grande affare per la Casaleggio associati. E che importa se molti “donatori” hanno cominciato a storcere il naso: l’impegno è vidimato dal notaio. Ma una situazione del genere – lo sa bene il figlio del cofondatore – è irripetibile, più dura meglio è. Nel prossimo Parlamento, gli introiti saranno assai più modesti. Meglio assecondare Salvini, dunque, e tirare avanti. Del resto, neppure l’altro fondatore, Beppe Grillo, da cui è nato tutto, ha la voglia o forse la forza per ribellarsi. E questo – per chi ha creduto alle sue intemerate e cattiverie – è in fondo l’epilogo più amaro.