Dall’Italia dei rifugiati anti-Pinochet a quella di Salvini & co.

Tre o quattro cose che son successe in Italia intorno a questo 10 dicembre, settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’ONU.

Amnesty International ci dedica un rapporto severissimo, con argomenti e toni che si dedicano, usualmente, ai paesi dove democrazia politica e libertà civili sono bandite. In Italia le migrazioni sono gestite in maniera “repressiva”, vengono erosi i diritti umani dei richiedenti asilo, la politica è dominata dalla “retorica xenofoba”, si fanno sgomberi forzati senza alternative. E poiché siamo sensibili, di questi tempi, alle coincidenze, non sfugge quella che ci ha messo sotto gli occhi queste accuse proprio mentre il giornale radio ci raccontava lo sgombero di un luogo storico per i rifugiati a Roma, la ex fabbrica della penicillina sulla via Tiburtina, presente Salvini e assente ogni idea su dove mettere l’umanità che la riempiva, quella fabbrica.

Abbiamo scritto che Amnesty “ci” dedica il suo severo rapporto. In realtà non lo dedica a noi italiani, ma a chi ci governa. Al governo Salvini-Di Maio-Conte le cui autorità “hanno ostacolato e continuano ad ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio in mare” e che nel decreto sicurezza ha inserito misure “che erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti” e che “avranno l’effetto di far aumentare il numero delle persone in stato di irregolarità presenti in Italia”.

Ma qualche giorno fa abbiamo letto il consueto rapporto di dicembre del Censis, e quello riguardava non il nostro governo, ma proprio noi. Noi italiani. Incattiviti, “sovranisti psichici”. Noi che per il 75% pensiamo che gli immigrati ci portino solo la criminalità, per il 60% crediamo che siano un peso intollerabile per l’economia e che l’integrazione sia proprio impossibile, né oggi né in futuro. È abbastanza probabile che chi legge queste righe appartenga al 25% che non crede che tutti gli immigrati siano potenziali criminali e al 40% che sa come gli immigrati siano quelli che salveranno le nostre pensioni e che l’integrazione arricchisce tanto la loro cultura che la nostra. Ma non consoliamoci: le minoranze non sempre sono innocenti e noi certamente non lo siamo.

L’Italia dunque è questo? Una classe dirigente infame e un popolo così cattivo? Eppure proprio in questi giorni si proietta nei cinema un film di Nanni Moretti che ci racconta tutta un’altra storia, quella degli italiani che salvarono 250 cileni accogliendoli nella nostra ambasciata a Santiago e che ne accolsero molte migliaia che fuggivano dalla dittatura sanguinaria di Pinochet.  Accadeva 45 anni fa, che sono un tempo abbastanza lungo perché noi ragazzi di allora, che andammo a gridare nelle piazze e a piangere ai concerti degli Inti Illimani, si sia diventati vecchi. Ma non un tempo così lungo perché non si potesse, fino a qualche tempo fa, leggervi dentro una continuità. L’Italia fu generosa, aperta, accogliente, civile. Lo furono gli italiani, ma anche i loro governanti di allora. Il comportamento coraggioso dei funzionari della nostra ambasciata fu coperto dal governo di Roma, e non era un governo di sinistra. E un paio d’anni dopo il dilemma se mandare o no i nostri tennisti a vincere la Coppa Davis in Cile diventò un caso nazionale, risolto alla fine con la decisione di andare presa dopo che Enrico Berlinguer ne aveva discusso con Luis Corvalan, il capo dei comunisti cileni. Ed è bello il racconto che di quei giorni fa Adriano Panatta, che convinse tutti i tennisti della squadra a indossare una maglietta rossa: siamo qui per giocare, ma non facciamo il vostro gioco.

Siamo orgogliosi di quella storia e siamo orgogliosi del fatto che l’Italia ne sia stata orgogliosa, classi dirigenti e opinione pubblica (veniva da scrivere “popolo” ma la parola è diventata sospetta e anche questo è un segno dei brutti tempi che stiamo vivendo). Qualcosa poi s’è rotta. È accaduto recentemente. Vediamo cose e sentiamo parole fino a pochi mesi fa impensabili e indicibili, ma che sono diventate senso comune.  Nel giorno anniversario della Dichiarazione sui diritti umani, le parole del Presidente della Repubblica ci confortano. Ma la denuncia di Amnesty ci colpisce come una frustata. “Ci” colpisce, perché riguarda non solo chi ci governa ma tutti noi: la nostra insipienza, le nostre divisioni, le nostre stupide beghe. Chi ci tirerà su da questo fango?