Dalle pistole ai missili, viaggio nel “made in Italy” delle armi

Eccolo qua, un pezzo di Made in Italy di cui non c’è da essere molto orgogliosi: la produzione e l’esportazione di armamenti. Ne scrive, dopo anni di studi e militanza, Giorgio Beretta nel suo “Il Paese delle armi. Falsi miti, zone grigie e lobby nell’Italia armata” (Edizioni Altreconomia). Il libro affronta, con rigore scientifico e sguardo lucido, i temi del possesso e della diffusione legale delle armi in Italia. Mette in discussione i falsi miti che li circondano (“È difficile ottenere una licenza per armi”). Sfata diverse credenze sulle armi (“Un’arma in casa rende tutti più sicuri”) riportando i dati sugli omicidi e i femminicidi con armi regolarmente detenute. Svela le zone grigie della detenzione di armi come la mancata trasparenza sul numero di possessori di armi e sulle armi in Italia. Affronta, poi, alcuni luoghi comuni (“La produzione di armi ha un forte impatto economico e occupazionale”). Rivela, infine, cosa gravita attorno alla galassia dei legali detentori di armi, delle loro lobby e dei partiti che li sostengono.

Un sistema di difesa molto vorace

Certo non siamo gli Stati Uniti dove il problema ha raggiunto livelli parossistici, ma evidentemente non abbastanza da indurre la politica a scegliere davvero l’obbligo costituzionale di farsi carico della difesa delle cittadine e dei cittadini, invece che lasciare che ciascuna persona lo faccia a modo proprio e senza alcun limite. Tuttavia, il libro di Beretta (nessuna parentela con i noti produttori, appunto, di pistole), ci indica che questa è la direzione che anche l’Italia ha intrapreso.

Perché? Perché il sistema, che eufemisticamente chiamiamo della “difesa”, è vorace e insaziabile. La produzione di armamenti per la guerra e per la morte (usiamo, senza timore, questi termini perché di questo stiamo parlando) è ingordo e non può far altro che crescere su se stesso. Spinto e giustificato dalla retorica sulla difesa del popolo ucraino aggredito dalle truppe di Putin, questo sistema ha fatto un nuovo giro di vite nella sua crescita, passando da una costante ma moderata degli ultimi decenni, ad una esponenziale. Si ricordi sempre la decisione del Parlamento, sostanzialmente assunta all’unanimità (centrosinistra compreso), di aumentare le spese militari fino al 2% del PIL, perché questa sta già producendo effetti concreti.

La guerra fa riempire gli arsenali

Per fare un solo esempio Leonardo SpA è passata in pochi anni dal 63% della sua produzione nel settore militare ad oltre l’80%. E anche l’invio di armi già presenti nell’arsenale italiano all’esercito ucraino, ha prodotto la necessità di ricostituire le scorte e, dunque, nuova spesa e nuovi utili per Leonardo & co. Trainato dalla guerra in Ucraina (che dunque è nell’interesse del sistema che duri il più a lungo possibile) e senza dimenticare le tante aree di crisi del pianeta dove questo Made in Italy trova clienti non proprio adamantini sotto il profilo della tutela dei diritti umani (v. Egitto, Arabia Saudita e molti altri), l’intero comparto sta producendo come non mai. E, naturalmente, c’è bisogno di sempre nuovi clienti, anche quelli retail regolari. Eccoci, dunque, al libro di Giorgio Beretta. Un lavoro di documentazione e di approfondimento durato anni, che nella sua attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia che fa parte della Rete italiana pace e disarmo, ha messo al servizio della pace, dei diritti delle persone indifese e fragili. Quelle che lo Stato nasce per proteggere, salvo poi diventare complice oggettivo di chi invece li annichilisce.
Questa storia ci riguarda. Non solo perché troppi sono ormai i casi in cui le “armi leggere” uccidono persone che conosciamo o di cui leggiamo sui media, ma perché ci dice del grado di civiltà del nostro paese. Che anche per questa via sta gradualmente e inesorabilmente perdendosi.

 

Il libro di Giorgio Beretta verrà presentato oggi alle 17.30 a Le Murate di firenze, nella sala Wanda Pasquini, piazza Madonna della Neve 1. Saranno presenti, oltre all’autore, il direttore di “Testimonianze” Severino Saccardi e il direttore della “Fondazione Finanza Etica” Simone Siliani.