Cronaca d’acqua e di fango, ma l’alluvione non è ineluttabile

Scrivo da un paese coperto dall’acqua. A partire da martedì scorso ne è venuta giù tanta, non in pianura ma certamente sulle colline: nello specifico oltre due volte il quantitativo massimo che da queste parti si accumula (qui il link al commento di Ugo Leone).

A Casola Valsenio ad esempio, confine ravennate a pochi passi dalla Toscana nelle 24 ore dello scorso 2 maggio 172,4 mm. A San Cassiano, dove scorre il fiume Lamone, 165,2 mm contro una soglia base che nell’intero periodo dell’anno e a partire dagli anni Cinquanta non ha mai superato gli 80 mm.
Ecco, il fiume Lamone, ma non solo quello: martedì sera il primo a fare preoccupare è il Sillaro nel bolognese, assieme ai torrenti Gaiana e Quaderna. Per la piccola frazione di Spazzate Sassatelli più nulla è possibile se non l’evacuazione. Parliamo di località di poche case, magari un bar e una chiesa. Rimangono invece a perdita d’occhio lunghissime scie di terreni coltivati in un lembo di terra che fa da confine tra pianura padana e delta del Po.

Un’alluvione che si ripete

In ogni caso si parla di acqua. Acqua che in questi giorni ha attraversato ogni tipo di superficie provocando disastri: due morti accertati, centinaia di sfollati. Sono Faenza e Bagnacavallo i comuni a fare i conti maggiori coi danni. Gli argini dei fiumi non tengono e l’acqua prende il potere, decide dove scappare. Entra nella variante che porta all’autostrada, avvolge le rotaie della ferrovia, sommerge storiche aziende, non solo piccole attività ma alcuni “colossi” come Deco o CAB Massari a Conselice, mettendo in ginocchio le imprese e tutto il tessuto sociale di questo pezzo di Italia tra l’Emilia e la Romagna.
Ma scrivere da un paese coperto dall’acqua significa anche essere consapevoli che quanto accaduto oggi a Boncellino, Traversara, Villanova, Pieve Sant’Andrea, Mezzano (nomi che quasi chiunque dimenticherà nel giro di un paio di giorni) è accaduto solo pochi mesi fa ad Arcevia, Pergola, Ostra nelle Marche, col fiume Lamone sostituito dal fiume Misa e altri undici morti. Significa essere consapevoli che tra il Lamone ed il Misa c’è stata a novembre la frana di Casamicciola presso l’isola di Ischia, con altri dodici morti. E avanti così, all’infinito.

Il territorio è fragile, serve sicurezza

Dunque potremmo parlare di fatalità, o di evento atmosferico eccezionale, fuori dalla norma. E farlo in ogni altro caso, per qualsiasi terremoto, frana, smottamento. Potremmo pensare a cambiamenti climatici importanti che stanno modificando la nostra identità ambientale, trasformandoci in una sorta di scenario monsonico. Oppure potremmo pensare che solo la sicurezza ambientale e idrogeologica ci può salvare.
Quella sicurezza che spesso nonostante le campagne istituzionali, nonostante i consorzi di bonifica, gli appelli all’edilizia antisismica viene meno, perché il territorio è fragile e noi lo siamo ancora di più. Quella di Bagnacavallo, Faenza e dintorni è la storia di tante persone che hanno perso in pochi secondi la casa di una vita, che sono dovuti scappare con un paio di vestiti e forse il cellulare, che hanno lasciato sul tavolo di casa le medicine della pressione.

E’ la storia di chi oggi piange perché uscito di casa poche ore prima per una commissione non è potuto più rientrare e magari ha lasciato solo il cane che da una vita siede assieme a lui in poltrona. E’ la storia di persone che potrebbero non lavorare per i prossimi mesi, di piccole economie industriali e domestiche in ginocchio, di ristoranti e locali che avevano ricominciato a vedere la luce dopo gli anni difficili del Covid e oggi si ritrovano a contare i danni di un temporale certamente fuori dall’ordinario.

Prevenzione e sicurezza iderogeologica

Scrivo da un paese coperto dall’acqua (e dal fango) che saprà velocemente rialzarsi come accaduto in provincia di Modena col terremoto del 2012, perché rimboccarsi le maniche è nello spirito di queste terre.

Eppure, fuori dalla retorica, il sentimento che più pervade oggi è quello di trovarsi all’interno di un ennesimo caso di fragilità idrogeologica che tra qualche tempo, non si sa dove, non si sa quando, colpirà un altro luogo. Un indirizzo politico fatto ad ogni livello di indennizzi, piani straordinari, piani per la ricostruzione non può trasformarsi in prassi, mentre al contrario dovrebbe essere il potere a fare affidamento sulla prevenzione e sul monitoraggio.

Lo dovremmo fare per tutti gli sfollati di oggi nel Ravennate e per tutti quelli del nostro passato, in ogni parte d’Italia, perché a partire dalla prossima settimana quando nuove piogge imperverseranno, la cronaca delle devastazioni non debba ancora una volta diventare protagonista delle nostre giornate.