Covid, Italia tra i paesi migliori. E la Germania punta alle terapie
per le pandemie future

Dal 15 ottobre il Green Pass diventa obbligatorio per tutti i dipendenti, sia pubblici che privati. Il decreto legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 settembre. La nuova regola prevede anche sanzioni: per i lavoratori senza certificazione la sospensione dello stipendio scatta dal primo giorno. Lo scopo è quello di incrementare le vaccinazioni prima di una possibile nuova ondata. Nel tentativo di tornare a una normalità, che per forza di cose non potrà essere la stessa di prima. Non fosse altro che perché oggi sappiamo con certezza che in futuro assisteremo a nuove pandemie.

Come prepararsi a un’altra emergenza?

La domanda fondamentale che oggi ci si deve porre, quindi, è: Covid-19 ci ha insegnato qualcosa su come prepararsi a una pandemia? Un articolo uscito sulla rivista Nature ad agosto scorso cerca di rispondere. Il problema, scrive l’autore, è che epidemiologi ed esperti di sanità pubblica stanno disegnando piani per prepararsi ad una simile eventualità da più di vent’anni. Ma quando SARS-CoV-2 è arrivato, tutto il mondo si è dimostrato molto poco pronto ad affrontarlo. E siccome epidemie di altri virus nel futuro sono considerate inevitabili, sarebbe meglio pensare a cosa non è andato per il verso giusto e cosa si può cambiare.

Gli elementi di questi piani sono sempre gli stessi: un sistema di sorveglianza per individuare i microorganismi patogeni che possono dare il via a una pandemia; una buona capacità di collezionare dati e disegnare modelli per capire come questi patogeni si diffondono; una comunicazione efficace; un sistema di sanità pubblica che funzioni; la messa a punto di terapie e vaccini. Molti di questi elementi non hanno funzionato al meglio. La sorveglianza, ad esempio: il virus circolava da settimane prima che i medici cinesi individuassero le strane polmoniti di Wuhan. I dati: se fossero stati condivisi, raccolti e utilizzati meglio – dicono alcuni esperti – si sarebbe potuto capire prima alcune cose molto importanti, ad esempio che il virus ha anche una trasmissione aerea. Sulla comunicazione non c’è neanche da soffermarsi: è stata piuttosto catastrofica in tutto il mondo, con esperti e politici che si sono apertamente contraddetti e la difficoltà di trovare una voce univoca e alla quale affidarsi.

Il ruolo della sanità pubblica

Il sistema di sanità pubblica italiano sicuramente ha funzionato meglio che in altri Paesi e in questi giorni abbiamo avuto l’elogio persino di Anthony Fauci, l’immunologo statunitense che si è battuto per avere una politica efficace nella gestione di Covid-19 da parte del governo USA. Fauci, durante un discorso nella residenza della ambasciatrice italiana, ha detto testualmente: “L’Italia sta andando bene, meglio degli Usa, ora è diventata un esempio per il mondo”. E si riferiva al fatto che abbiamo raggiunto un’alta percentuale di popolazione completamente vaccinata sopra i 12 anni: quasi il 75%, contro il 54% degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda i vaccini le cose sono andate in verità piuttosto bene. Le industrie farmaceutiche, fortemente sovvenzionate dai Governi, hanno messo a punto i vaccini in tempi record. Meno bene è andata finora la ricerca sui farmaci. Al momento sono allo studio alcuni anticorpi monoclonali molto promettenti e un gruppo di antiinfiammatori che sono stati sviluppati inizialmente per le malattie autoimmuni ma che sembrano avere buoni risultati nelle forme gravi della malattia.

Il problema in ogni caso rimangono i tempi: più sono lunghi e più si perdono vite umane quando scoppia una pandemia come quella di Covid 19. Allora cosa fare per il futuro? La lezione che abbiamo appreso dallo sviluppo dei vaccini è che lavorare su piattaforme che possono essere velocemente modificate è un’opzione vincente. Lo stesso Fauci ha suggerito di creare dei vaccini prototipo che possano funzionare contro una ventina di famiglie di virus, in modo di accelerare la messa a punto del vaccino specifico contro il virus pandemico in caso di emergenza. Anche per quanto riguarda i farmaci si sta pensando a qualcosa di simile.

I tedeschi studiano un’alleanza per la terapia

In Germania, ad esempio, il Centro tedesco per la ricerca sulle infezioni (DZIF) e il Centro Helmholtz per la ricerca sulle infezioni (HZI) hanno sviluppato l’idea di una “Alleanza nazionale per la terapia delle pandemie” (NA-PATH), come racconta la Süddeutsche Zeitung. Lo scopo è quello di far avanzare la ricerca sui farmaci fino ai primi studi clinici già in tempi non pandemici. Nel mirino dei ricercatori alcuni virus individuati come quelli che hanno maggiori probabilità di causare la prossima pandemia: coronavirus, flavivirus (che includono Zika e Dengue) e i virus dell’influenza. Ovviamente si tratta di un progetto ambizioso e costoso che richiede la cooperazione tra scienza, politica e industria, dicono i promotori.

Quello che ha funzionato sicuramente male, a livello mondiale, è la capacità di assicurare che i nuovi vaccini e i nuovi farmaci siano distribuiti equamente e rapidamente. Un dato abbastanza evidente visto che oggi meno del 2% della popolazione dei Paesi poveri del mondo è stata vaccinata. E che anche Paesi ricchi e potenti come gli Stati Uniti stanno incontrando grosse difficoltà nella campagna vaccinale. Insomma, avere i vaccini è un conto, vaccinare tutta la popolazione è un altro. E gli incentivi, come il Green Pass, a questo punto sono un’arma da utilizzare.