Covid-19,
cinque ostacoli
all’immunità di gregge

“Adelante, Pedro, con juicio”. Verrebbe da citare Manzoni in questa fine di aprile in cui ci prepariamo a riaprire il Paese. C’è infatti chi il giudizio non lo usa in modo adeguato e spinge per allentare le misure di contenimento in modo molto più radicale. A cominciare da Salvini che pochi giorni fa ha commentato l’astensione della Lega sul nuovo decreto Covid-19, dicendo: “Non potevamo votare un decreto che continua a imporre chiusure, coprifuoco, limitazioni”. Del resto, sostiene il leader della Lega, “I dati sanitari fortunatamente sono in netto miglioramento, negli ultimi giorni sono migliaia i letti di ospedale che si sono liberati”.

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Un ottimismo, dettato forse dall’illusione che il vaccino ci sta salvando, che non dimostra neppure Boris Johnson, leader del Paese che ha somministrato almeno una dose a circa il 50% dei cittadini britannici contro il 20% dell’Italia (Our World in data).
Il governo inglese ha riaperto parzialmente le attività non essenziali il 12 aprile scorso dopo quasi 100 giorni di lockdown duro. E il premier ha chiarito alla BBC: “Riaprire comporterà inevitabilmente più infezioni e, purtroppo, più ricoveri in ospedale e più morti, la gente deve saperlo”.

E, con grande senso della realtà ha aggiunto: “E’ molto importante che tutti capiscano che la riduzione dei ricoveri, delle vittime e dei contagi non è stata ottenuta dal piano vaccinale. Penso che la gente non capisca che è stato il lockdown ad essere incredibilmente importante nell’ottenere questi miglioramenti. Naturalmente i vaccini hanno aiutato, ma il grosso del lavoro è stato fatto dal lockdown”.
Il governo inglese ha comunque deciso di allentare le restrizioni, ma è bene ricordare che non si tratta di un “liberi tutti”: pub e ristoranti possono servire i clienti solo all’esterno, le palestre sono aperte solo per sport individuale (ma non nel Galles dove rimangono chiuse), le vacanze sono consentite ai conviventi in luoghi dove possono rimanere confinati ad esempio una seconda casa, una barca, una roulotte, mentre hotel e B&B riapriranno forse il 17 maggio. Vietati i viaggi all’estero, i matrimoni possono essere festeggiati all’esterno e con un massimo di 15 invitati. Il lavoro da casa rimane comunque fortemente consigliato e vengono ovviamente mantenute le regole riguardanti il distanziamento e l’uso di mascherine. Insomma, siamo ancor lontani da una situazione pre-pandemia.

Del resto le notizie che arrivano dal mondo scientifico non consentono di coltivare l’illusione che con la vaccinazione riusciremo a uscirne e a tornare alla vita di prima, almeno in tempi brevi. Ad esempio ci sono forti perplessità sulla possibilità di raggiungere l’immunità di gregge. Nei mesi scorsi gli scienziati avevano detto che una volta che il 60-70% della popolazione fosse diventata immune (o perché vaccinata o perché aveva preso l’infezione) si sarebbe potuti tornare alla normalità.

L’immunità di gregge infatti si basa sul principio per cui se una persona è infetta ma viene in contatto con persone non suscettibili all’infezione perché sono immuni, allora il virus non si può diffondere e l’epidemia si arresta. In teoria tutto vero. Ma con Covid-19 ci sono alcuni ostacoli che si frappongono a questo obiettivo. Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Nature” ne individua 5.

  • Il primo ostacolo è che non sappiamo se i vaccini proteggono dall’infezione e dalla trasmissione del virus. Sappiamo con certezza che proteggono chi contrae il virus dalla manifestazione della malattia, ma non sappiamo ancora se la persona vaccinata può tramettere l’infezione. E questo è un serio problema se si vuole interrompere la catena dei contagi.
  • Il secondo ostacolo è la disparità nella distribuzione dei vaccini. E’ il principio “nessuno si salva se non si salvano tutti”. Facciamo l’esempio di Israele: è il paese dove il piano di vaccinazione è andato più spedito con una campagna cominciata a dicembre 2020 e un accordo con Pfizer che ha consentito di arrivare al 58% di persone vaccinate con due dosi. La percentuale più alta al mondo finora. Però, i vicini di Israele – Libano, Siria, Giordania, Egitto – hanno vaccinato meno dell’1% della popolazione. E siccome la popolazione tende a mischiarsi oltre i confini, rimane il rischio di nuovi focolai. Senza considerare che oggi il paese deve fare i conti con il fatto che i giovani fanno resistenza a vaccinarsi, tanto che il governo li sta invogliando con un bonus: pizza e birra gratis.
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    Il terzo ostacolo è rappresentato dalle varianti del virus. Più tempo ci vuole a bloccare la trasmissione virale, più tempo avranno le nuove varianti per emergere e diffondersi. E come sappiamo alcune di queste varianti possono essere più contagiose e resistenti ai vaccini. Se non si vaccina al più presto una vasta fetta di popolazione, inoltre, i vaccini stessi possono inoltre creare una pressione selettiva che spinge il virus a mutare per sfuggire alla loro protezione.

  • Il quarto ostacolo deriva dal fatto che l’immunità potrebbe non durare per sempre. Al momento non sappiamo con certezza, ma sembrerebbe che l’immunità naturale svanisca nel tempo, questo renderebbe Covid-19 simile all’influenza per cui il vaccino si deve ripetere annualmente.
  • Il quinto ed ultimo ostacolo è proprio rappresentato dal comportamento dei cittadini. Il vaccino non è una pallottola magica. Immaginiamo che un vaccino offra una protezione del 90% (considerata molto alta), dice Dvir Aran, data scientist israeliano che si occupa di Covid-19: “se tu prima di vaccinarti incontri solo una persona e dopo il vaccino ne incontri dieci, ecco che hai la probabilità di infettare lo stesso numero di persone: una”.

Gli interventi non farmacologici come la quarantena, la limitazione dei contatti e la mascherina, continuano a giocare un ruolo cruciale nel mantenere bassi i casi mentre la campagna di vaccinazione continuerà, dicono gli esperti ascoltati da Nature. Perché sappiamo che ci vorrà tempo.