Costituzione, resistenza, umanità. Un mare di sardine conquista Roma
Sì, le sardine ce l’hanno fatta. Era una scommessa rischiosa, quella di riempire a Roma piazza san Giovanni. Che è grandissima, porosa, elastica. I trucchi per riempirla i più esperti li sanno tutti: palco a metà del prato, transenne per eventuali ambulanze, transenne per delimitare le aree tecniche… Tutto inutile. Le sardine sono un branco, entrano, avvolgono, e guizzano. Non è solo anarchia, ma capacità di aggirare gli ostacoli con l’obiettivo e la direzione ben chiari.
All’appello hanno risposto in tantissimi: alle 16 le vie d’accesso erano zeppe e ancora c’era un flusso di persone in arrivo. E’ andata avanti così fino a sera. Più vicino al palco le sardine erano sardine, appunto: tutte strette, vicine, un banco compatto. Ma non in scatola.
Anzi. In mostra c’era una energica creatività ittica. Pesci autoprodotti e infilati nei cerchietti dei capelli, agganciati sugli zaini, sulle stanghette degli occhiali. Slogan dipinti sulle guance e altrove a cominciare da #Romanonsilega, cartelli appesi al collo, cuciti come cuscini da brandire; perfino una lunga sciarpa-sardina versione familiare xxl, o un guanto da forno per affrontare il fuoco di una competizione in cui non c’è spazio per l’odio. Gruppi di ragazze, famiglie con quattro zampe di tutte le razze, amici, fidanzatini e coppie più che consolidate, prima di arrivare in piazza si sono preventivamente incontrati e preparati all’incontro con stoffa, carta, plastica ed anche le lucette dell’albero di Natale per rendere più luminoso il messaggio.
Questa è stato la grande kermesse, lunga tre ore e più. Un incontro di sorrisi ed abbracci. Un ritrovarsi misto allo scrutarsi dopo la grande paura di non riuscire più a trovare altri con cui parlare la stessa lingua, ad avere gli stessi obiettivi di civiltà e speranza, di rispetto e prospettiva. Un obiettivo di tutti in quella piazza che la destra ha pensato per un giorno di aver fatto sua mentre nel limpido pomeriggio romano tutti hanno cantato “Bella ciao” e l’Inno di Mameli spazzando via un incubo. La stessa piazza in cui Giorgia Meloni aveva rivendicato di essere donna, madre e cristiana a cui ha risposto Nibran, ragazza musulmana e figlia di palestinesi che, fiera dal suo velo, ha ribadito il suo impegno a lottare”contro chi vuole riaprire pagine buie della storia: a loro dico non ci avrete mai, non ve lo permetteremo”.
Inevitabile qualche slabbratura organizzativa. Peccato per la difficoltà di ascoltare gli interventi dal palco, il sistema audio era troppo debole e non raggiungeva affatto la metà della piazza. Anche perché molti, che ovviamente si sono riconosciuti nel messaggio anti Lega, avrebbero voluto capire meglio cosa è questo movimento liquido e eterogeneo. Ma alcune certezze ci sono.
Ad unirlo, innanzitutto la Costituzione: “Guai a chi ce la tocca”, hanno gridato dal palco e ha risposto un boato. Ne ha parlato Carla Nespolo, la presidente dell’Anpi: “La Costituzione italiana non è afascista. E’ antifascista. E non è per caso che gli eletti debbano giurare su di essa. Non è lecito a nessuno essere razzista e antisemita. Tocca a noi con il pensiero e le parole diventare, come dice Liliana Segre, le sentinelle della memoria. Cari ragazzi riappropriatevi del vostro futuro. Di un mondo dove il pensiero conta. Sono certa di quello che direbbero i partigiani: teniamoci per mano, assieme ce la faremo a cambiare la vita democratica del paese”. E qualcuno grida dal palco: “Siamo noi i partigiani del 2020″.
“La politica ritrovi la strada dell’umanità – ha detto Pietro Bartolo, medico dei migranti a Lampedusa e europarlamentare – dobbiamo tornare a essere l’Italia dei grandi valori e non delle disuguaglianze. Questa piazza ci dice che dobbiamo voltare pagina. Insieme dobbiamo resistere e ritrovare la strada maestra, quella dell’umanità. Non sono accettabili leggi che criminalizzano chi salva le persone, vanno contro la Costituzione. Sono una vergogna”.
Questo è un tema caldo e unificante. Via i decreti sicurezza, tutti e due. Sì alla cittadinanza per le seconde generazioni. Le sardine nere, gruppo nato a Napoli, chiedono con perfetta cadenza partenopea diritti e documenti, e basta allo sfruttamento. Poi lo ribadisce anche Mattia Santori, il frontman del movimento: via i decreti sicurezza, no alla politica fatta di paura. E ribadisce: le piazze hanno preso la forma dell’antifascismo e della lotta alla discriminazione. Con mezzi ignoti al sovranismo bieco: la gratuità, l’arte, il racconto e il rispetto della diversità. Le sardine non sono mai veramente esistite, noi siamo persone capaci di distinguere la politica dal marketing. Chi è eletto faccia politica nelle sedi istituzionali. I ministri comunichino solo attraverso i canali istituzionali. Ci sia trasparenza nell’uso dei social network e su chi finanzia le pubblicazioni da parte dei politici”. E questa volta, aggiunge, abbiamo vinto 113 piazze a zero.
Intanto in piazza parlano gli slogan. Da “Non mi sta bene che no”, la frase del ragazzo ai truci di Casa Pound, a “Basta odio, indifferenza, razzismo”, “Non vogliamo un uomo solo al comando, ma l’umanità. E poi, perché non una donna?”. E infine il conclusivo: “Sardine di tutto il mondo unitevi”. Sta accadendo, se almeno in venti città d’Europa sono scese in piazza in contemporanea con Roma sardine di ogni Paese.
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