Cospito: il no dato dalla Cassazione che sa di accanimento

Nulla cambia: Alfredo Cospito resta al 41 bis. O tutto potrebbe cambiare nel peggiore dei modi, come potrebbe accadere dopo quattro mesi di sciopero della fame (dal 20 ottobre), forma di protesta estrema scelta dall’anarchico contro il regime di “carcere duro”, impostogli quasi un anno fa e confermato dal tribunale di sorveglianza poche settimane fa, un provvedimento firmato allora da Marta Cartabia, che era ministra della Giustizia, e sottoscritto ora dal suo successore, Carlo Nordio, che ha da poco rigettato una istanza di revoca presentata dal difensore dell’anarchico, l’avvocato Flavio Rossi Albertini.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione non ha accolto il ricorso di Cospito, ricoverato in un ospedale di Milano, ricorso contro la valutazione dei giudici di sorveglianza, secondo i quali non c’erano stati errori o accanimenti nella decisione di costringerlo al 41 bis, a quella condizione pensata per i mafiosi dopo gli assassini di Falcone e Borsellino, per impedire ai criminali di interloquire con i loro “manovali”, dare ordini, dirigere gli “affari” dei clan .
Sostenevano i giudici come i proclami di Cospito, diretti agli anarchici, costituissero un pericolo, come potessero rappresentare insomma un autentico invito a compiere nuovi attentati. Un verdetto che secondo la Procura generale della Cassazione, l’accusa dunque, si sarebbe invece dovuto annullare (con rinvio) perché non motivato in modo sufficiente, perché non era stato dimostrato il collegamento tra gli scritti di Cospito, quelli che potevano superare le sbarre della prigione, e l’eventualità che gruppi di anarchici ne traessero indicazioni per atti violenti. Mancava la prova della “fattualità” e della “attualità”, del nesso stretto, anche temporale, tra un proclama del presunto capo e l’azione dei suoi compagni.

I cinque giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno invece deciso, nel tardo pomeriggio, dopo una lunga camera di consiglio, che non ci sono vizi in quel verdetto e che dunque Cospito deve restare al 41 bis. Chiusa la porta. Le motivazioni si conosceranno tra qualche mese, quando a Cospito, condannato a nove anni e cinque mesi per la gambizzazione di un dirigente dell’Ansaldo e a vent’anni per un attentato senza vittime alla caserma dei carabinieri di Fossano, potrebbe essere comminato l’ergastolo ostativo, senza neppure dunque la possibilità di sconti di pena. Senza fine mai. Conseguenza di una sentenza di revisione della Corte di Cassazione.

L’applicazione del 41 bis e lo sciopero della fame

Quanto la Cassazione ha stabilito ieri rimetterà in corsa il dibattito sul 41 bis o, meglio, sulla applicazione del 41 bis. Come aveva commentato Giovanni Maria Flick, presidente onorario della Corte Costituzionale e ministro di Giustizia in un governo Prodi, “prima la vita, poi il 41 bis”. E aveva aggiunto: “ Lo Stato non lasci morire Cospito”. Autorevolmente Flick aveva spiegato la ragione del 41 bis: “Serve a interrompere la comunicazione delle organizzazioni criminali verso l’esterno. Ma non è possibile utilizzare questo strumento per aggravare la pena facendola diventare più dura”. Anche con imposizioni che appaiono punitive in modo assurdo, la reclusione in una cella di pochi metri quadri, l’ora d’aria in un rettangolo di cortile senza cielo, le letture impedite. “Non vedo – ancora Flick – come si possa anteporre un discorso di carattere tecnico-giuridico alla necessità di evitare che un proposito di suicidio venga portato a termine. Anche perché di suicidi in carcere ne abbiamo avuti fin troppi”.

Lo sciopero della fame sta realizzando un proposito di lento suicidio. Non può essere “accolto” come la via a una trattativa perché vengano modificate una legge o una decisione dell’autorità giudiziaria. Ma dovrebbero ancora valere principi di equità, di salvaguardia dei diritti del detenuto, di difesa della vita, di umanità. Anche il precetto cristiano: visitare i carcerati (lo imparino Donzelli e Delmastro). Lo ha insegnato Cesare Beccaria più di due secoli fa lo ha insegnato: legare la condanna a un cammino di cambiamento. Di fronte al viso scavato di Cospito, ascoltando le notizie che giungono dagli avvocati, leggendo della sua resistenza fisica piegata, viene però da pensare all’accanimento. La responsabilità della politica e del governo (l’autorità che ha emanato un provvedimento amministrativo potrebbe revocarlo, se ne vengono meno i presupposti) sarebbe quella di sottrarre l’anarchico alla morte. Non abbiamo bisogno di eroi.