Con le donne comincia a scendere in campo l’Italia che esiste

La società civile non è muta, ma l’informazione è sorda e cieca.
Le donne lo sanno: i diritti o sono per tutti o non sono. Vaccinate da una lunga esperienza, rizzano per prime le antenne quando si restringono gli spazi di autodeterminazione, quando si imbarbariscono i rapporti.
“C’è un Paese che esiste, che deve e vuole trovare un modo non violento per dare corpo alla propria rabbia, alla propria coscienza, al proprio desiderio di un cambiamento che sappia costruire senza demolire i principi fondamentali della democrazia”: è un brano del manifesto programmatico del Network Day che si è tenuto a Rimini l’8 settembre. Si è discusso per un giorno intero; c’erano parecchie centinaia di donne, ci sono stati 55 interventi, hanno aderito più di 150 associazioni italiane e internazionali.

“L’Italia è stata forte quando ha smesso di seguire un uomo forte” ha concluso a nome della rete Rebel ,  “non ne vogliamo un altro. Siamo l’Italia che resiste ma siamo anche l’Italia che esiste, che sa ascoltare, pensare e agire. È ora che smettiamo di chiedere alla politica, noi siamo la politica”.

Noi siamo popolo, aggiungo io. Siamo quella parte del popolo (larga, forse maggioritaria) che non si fa incantare dai pifferai. Il 22 settembre si riuniranno a Palermo le donne siciliane, determinate a prendere parola. L’idea è di far partire proprio dalla Sicilia, terra di sbarchi e di accoglienza, un ampio movimento per diffondere principi di libertà e di democrazia. “Abbiamo vite, condizioni e attività sociali dissimili, ma ci unisce la preoccupazione per il futuro del nostro Paese e dell’Europa ai cui valori fondativi ci ispiriamo e per le sorti del mondo che esigono una visione globale, l’idea di esser tutte/i parte di un destino comune”.

Anche per quell’occasione è prevista la presenza di centinaia di aderenti all’appello, lanciato da Simona Mafai e da altre compagne. Non si aspettano cose nuove da un congresso, da una leadership, ma da una somma di azioni positive diffuse che sappiano collegarsi e portare nella vita pubblica tutto il loro peso.

Di tutto questo fermento, i media italiani non registrano nulla. Silenzio.
Così attenti ad ogni tweet di Salvini, ad ogni selfie di Toninelli, ad ogni congiuntivo di Di Maio, per ciò che accade nel Paese reale non sono attrezzati. Non solo per malafede: per disabitudine, per inerzia.
E in questo modo, invece di dar voce al dissenso e alla partecipazione, come sarebbe compito della libera stampa, l’affossano. Complimenti.