Con Elly Schlein ritorna la sinistra. Riuscirà finalmente a “risvegliare” il Pd?
Elly Schlein è la nuova segretaria del Pd, Stefano Bonaccini ne sarà il presidente. Ma cominciamo da Gianni Cuperlo, lo sconfitto, il terzo classificato nelle pre-primarie dei circoli, che ha ricordato il titolo di un piccolo libro, appena pubblicato in Italia da Mimesis, scritto da Edgar Morin. Edgar Morin è un intellettuale francese, filosofo e sociologo, e ha appena compiuto centodue anni (è nato a Parigi nel 1921). Ha conosciuto l’occupazione nazista della Francia, il governo collaborazionista di Petain, la Resistenza, la Liberazione, De Gaulle, i grandi movimenti anticolonialisti. Il titolo del libro è “Svegliamoci!” (Réveillons-nous!). “Svegliamoci! ”, esortazione pronunciata da una persona indubbiamente “vecchia”, sarebbe la parola giusta, una sola parola, per offrire un po’ la sintesi di questa prima assemblea del nuovo Pd. Dai numeri giganteschi: più di novecento delegati (settecento presenti), quattrocento invitati, centocinquanta giornalisti. Svegliamoci perché altre carte forse non avremo a disposizione: dopo due segreterie che non hanno resistito ai colpi dei tempi, la terza non può fallire.

Bisogna saper stare “dalla parte del torto”
Elly Schlein non ha dimenticato quasi nulla. Vista e ascoltata da lontano, è apparsa sincera, appassionata, coraggiosa. Alla fine l’ha salutata un’ovazione. L’emozione ha percorso la platea. La speranza è risalita, come se fosse davvero “risveglio”. Gli interpreti della politica officeranno la discussione attorno alla controversa questione “più di sinistra – meno di sinistra”. Giorgia Meloni e i suoi governanti in fondo aiutano a sciogliere l’interrogativo: contro questa destra becera, arrogante, la destra del karaoke e del “volentieri” (il “volentieri” pronunciato da Giorgia, donna madre italiana cristiana, alla domanda circa un possibile incontro con i familiari delle vittime di Cutro) non si può essere che dall’altra parte, “dalla parte del torto”, cioè delle vittime, degli esclusi, dei discriminati, di chi cerca giustizia, sapendo che aiutare loro significa aiutare il paese tutto, sottrarlo ad un contrasto e ad una divisione, che possono solo acuire tensioni, conflitti, impoverimenti, pericoli che valgono per tutti. Sapendo che si può condividere un obiettivo “trasversale” di progresso, lasciandosi alle spalle, nelle retrovie, il minor numero possibile di persone.
Per questo Elly Schlein crede in un “terreno comune” con le altre opposizioni. Con il cosiddetto terzo polo e con Conte. Senza doversi “schiacciare” da una parte o dall’altra: “Dobbiamo cercare di dialogare, ci sono terreni comuni, abbiamo la responsabilità di esplorarli insieme, dobbiamo partire da qui”. Senza dover riesumare, almeno nel vocabolario, il malcapitato “campo largo”.
Per il resto, si possono elencare i capitoli, che compaiono sotto valori di giustizia sociale, di equità, di ricerca dell’eguaglianza, di democrazia, di salvaguardia dell’ambiente: il lavoro, la sanità pubblica (bello il ringraziamento all’ex ministro Roberto Speranza), la scuola, la cultura, i diritti civili che si saldano ai diritti sociali, le tasse secondo un principio di progressività, l’immigrazione (abolendo la Bossi-Fini e prevedendo vie legali per l’accesso) mentre giungono notizie di nuovi morti in mare, contro il presidenzialismo meloniano, contro il regionalismo alla Calderoli, per la pace (pace non è una “brutta parola”: aiutare l’Ucraina è un dovere, ma cercare in tutti i modi di porre fine alla guerra lo è altrettanto)…

Un partito senza magliette
Schlein (con Bonaccini, poco dopo) s’è misurata con il tema dell’unità del partito, agitato assai nei giorni passati, quando molti si immaginavano già il dissolvimento del Pd, dilaniato dalle correnti: basta “caciccchi e capibastone”, basta con le magliette perché la maglietta è una sola, quella del Partito democratico. Unità dunque, si spera, per ricomporre la comunità (“la forza della comunità, per le persone, per il pianeta”, è stato il motto dell’assemblea). A partire dalla base, perché Schlein si è posta il compito di ridare vigore ai circoli, quelli rianimati dal voto del primo turno, quelli stessi che hanno consentito le primarie: “Bisogna avere cura della relazione umana ancor prima di quella politica”. Compito che può aver un esito se davvero la “base” saprà e potrà appropriarsi di spazi d’elaborazione e di decisione. Il partito burocrate è sempre in agguato, il partito delle carriere non è mai definitivamente sconfitto.
Schlein ha rimproverato alla destra di Giorgia Meloni di vivere “rivolta al passato”. Alla destra, aggiungiamo, basta mobilitare il passato, per riscoprire le basi del proprio nazionalismo, del proprio antiglobalismo, del proprio identitarismo. La nostalgia dei tempi andati.
Alla sinistra spetta la sfida del futuro, nel segno di una cultura politica della trasformazione: vivere quei “progetti”, indicando l’orizzonte, con l’energia della partecipazione. Ma c’è un passato anche per la sinistra e gli errori vanno denunciati e l’autocritica è un dovere. Altrimenti si cade nel rischio della renziana rottamazione: di uomini e soprattutto di idee, di ideali e di culture. I sondaggi danno in ripresa il Pd. Giungono notizie di un rilancio del tesseramento (ma gli iscritti non sono solo spettatori). “Articolo 1” di Bersani rientra… La politica delle alleanze, con una nuova segretaria in scena, ovviamente si rianima.
Ieri si è chiusa, finalmente una fase. Schlein l’aveva già chiusa con il viaggio a Cutro, la partecipazione alla manifestazione di Firenze, l’intervento in Parlamento contro il ministro Piantedosi. Adesso la fine di un lunghissimo congresso è ufficiale. Si aprono prospettive? Schlein promette una opposizione senza sconti, ma al tempo stesso la “parallela” proposta di alternative alle scelte della destra, le cui cadute aprono strade e autostrade. Sempre che Elly Schlein sappia ridare anima e voce alla sinistra contro la sciagurata prevalenza della destra.
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