Che valore ha il sociale?
Ecco la risposta
della Casa delle Donne

Alcuni anni fa una campagna pubblicitaria per una carta di credito conteneva il bellissimo slogan (non per caso scritto da una donna) “Ci sono cose che non si possono comprare, per il resto c’è …”.

Mutatis mutandis, quando Nicola Zingaretti ha presentato, ieri, alla Casa internazionale delle donne, insieme a Cecilia D’Elia, Maura Cossutta (presidente della Casa), l’assessora Giovanna Pugliese, e Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat ora presidente dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, il progetto sperimentale di misurazione del valore economico dei servizi che la Casa al Buon pastore offre da decenni alle donne e alla città di Roma, risuonava lo stesso concetto: il lavoro volontario dei centri anti-violenza, il lavoro culturale e quello psicologico, gli sportelli di avviamento al lavoro, le attività culturali, non sono totalmente misurabili secondo un parametro economico. Saranno – faceva l’esempio Giovanna Pugliese – forse quantificabili i risultati dell’avviamento al lavoro ma in più, nella Casa, c’è il contatto umano, la rete che si crea fra donne. E questo plus di ricchezza che ha a che fare con il benessere, la vivibilità, l’identità stessa – ha sottolineato Nicola Zingaretti – di Roma, questo forse non è misurabile.

Come misurare il bene sociale?

Ma misurare, in parte, si può e si deve. Per farlo, ha spiegato Enrico Giovannini disegnando un quadro di riferimenti teorici e storici, “bisogna andare oltre il Pil, che non è come un termometro che misura la temperatura ma una scelta di criteri”, che storicamente è stata la produttività e non il benessere.

Non è da oggi, però, che gli istituti di statistica e l’Istat assumono criteri “oltre il Pil”. Già nel 1999 il G7 chiese agli statistici di calcolare, per esempio, il lavoro di cura delle donne, tanto più importante in un paese come l’Italia dove c’è un difetto di welfare pubblico che spiega, in parte, il gap fra uomini e donne.

Il tema si amplia se lo si prende dal punto di vista dello sviluppo sostenibile che “è – spiega Giovannini- la giustizia fra generazioni”. Il capitale di cui parliamo, quando si tratta di sostenibilità o di giustizia intergenerazionale è capitale economico, capitale naturale, capitale sociale, la valutazione è relativa a ciò che si costruisce o si distrugge guardando al futuro. Un esempio di capitale naturale è quello delle api che, producendo il miele, producono anche l’impollinazione delle piante.

Il capitale sociale, invece, produce dei beni “di cui si sente gravemente la mancanza quando spariscono”. Giovannini cita fra questi la pace e la fiducia. Si potrebbero aggiungere la solidarietà, il contrasto alla solitudine.

La proposta della Casa internazionale

casa internazionale delle donneNon è facile costruire parametri che misurino queste condizioni ma alla fine una metodologia è stata messa a punto. E c’è da aggiungere che un lavoro analogo aveva fatto proprio al Buon Pastore una economista, Lia Migale, nella battaglia contro la decisione di sfratto decisa dalla giunta di Virginia Raggi al Campidoglio. L’equazione che sta alla base della metodologia approntata dall’ex presidente dell’Istat parte dal tempo dedicato a un determinato servizio. Il tempo messo a disposizione da professioniste viene poi intrecciato con i contratti di lavoro depositati al Cnel. Non tutte le professionalità – spiega Lia Migale – sono coperte da contratti di lavoro nazionale, non lo è quella delle psicologhe, ad esempio. Ma ci sono tariffari e ci sono dei minimi e dei massimi.

Dalla messa a punto della metodologia è derivato un software che l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile ha donato alla Regione Lazio. La sperimentazione è pronta per partire (e per dare una base scientifica alla battaglia delle donne per mantenere il diritto alle loro sedi, a Roma non solo il Buon Pastore ma anche Lucha y Siesta, pure a rischio sfratto e che dal 20 febbraio potrebbe essere senza luce.

La misura del tempo

casa internazionale delle donneQuesto lavoro complesso che mette insieme competenze scientifiche e un forte cambiamento di punto di vista è stato occasione, per il segretario del PD, Nicola Zingaretti, per declinare le priorità del suo nuovo PD. Attacco, certo, alla sciatteria istituzionale e burocratica che ha portato alla procedura di sfratto e alla rescissione della convenzione con il Consorzio della Casa delle donne. Ma quella di Zingaretti è stata anche una forte autocritica per la troppa “subalternità alla cultura della spending review” , che in altro campo, con il taglio agli enti locali, “ha prodotto la desertificazione nei piccoli comuni”. Questo non significa abbandonare l’atteggiamento rigoroso sui conti pubblici ma significa, per esempio, capire che “il patrimonio di immobili pubblico è una grande risorsa se è utilizzato come bene sociale dai cittadini mentre è solo un costo pesante di manutenzione se lasciato vuoto”.

Da questi ragionamenti la doppia azione annunciata da Zingaretti: come Regione Lazio l’impegno a dare garanzia legislativa agli Enti locali del Lazio, in modo che si sentano liberi dallo spauracchio della Corte dei conti quando è chiaro l’impegno di un immobile per il bene comune. Come segretario del Pd c’è l’impegno legislativo nazionale per superare la mentalità da spending review che, tradotta in italiano, è mentalità di tagli a tutti i costi. Costi sociali che stiamo pagando poiché “non mi preoccupa quello che pensa Salvini – ci sono sempre stati quelli che la pensano come lui – mi preoccupa il consenso che ha guadagnato perché ci sono cittadini lasciati soli dallo Stato”.

Infine il ringraziamento alle donne della Casa internazionale, perché dalla loro aspra battaglia può venire l’esempio che serve per il cambio di parametro nella considerazione di tutti gli spazi sociali.