C’ero anch’io al festival di letteratura alla Gkn, signor Borgomeo mi denunci

Mi autodenuncio. Insieme ad un migliaio di persone, ho partecipato venerdì al festival di letteratura Working Class che si è svolto nella fabbrica Gkn a Campi Bisenzio, fabbrica presidiata dai lavoratori licenziati da 20 mesi. In particolare, ho assistito ad un interessante dibattito sui diritti delle persone lavoratrici queer e una notevole pièce teatrale di Wu Ming 1 e Stefano D’Arcangelo su “Majakovskij a Mirafiori”. Gianluca Franchi, liquidatore e uomo di fiducia del proprietario Francesco Borgomeo, non ha gradito questa “invasione culturale” della “sua” fabbrica (nella quale, per la verità, è stato visto solo quando, a favore di telecamera, è andato ad annunciare l’acquisto, ma dopo zero). Ha dichiarato di voler denunciare i partecipanti a questo evento culturale e, dunque, eccomi qua, signor Franchi: io c’ero, mi denunci.

D’altra parte ha tempo per dedicarsi a questa attività. Dovrà infatti darsi molto d’affare per individuare le identità delle migliaia di persone che hanno partecipato al Festival Working Class. E questo è un fatto importante: le persone, tante, che tornano, varcano la soglia di una fabbrica, da sempre considerato un mondo a parte, chiuso all’esterno; e lo fanno per partecipare ad un evento culturale. Ma torniamo alla proprietà.

Borgomeo arrivato sugli scudi con l’intento dichiarato di riaprire la fabbrica e garantire il lavoro alle persone lavoratrici, Borgomeo non ha trovato il tempo fino ad ora di fare un piano industriale che consentisse, non solo di partire per riaprire e reindustrializzare la fabbrica, ma anche soltanto richiedere la cassa integrazione per i lavoratori. Ma evidentemente aveva molto da fare, Francesco Borgomeo. Tanto impegnato che si è dimenticato anche di pagare le persone lavoratrici della Gkn. Infatti, reintegrati dal Tribunale del Lavoro e, dunque, annullati i licenziamenti in quanto illegittimi, i lavoratori hanno diritto al proprio salario oppure alla cassa integrazione se, ricorrendone le condizioni giuridiche essa venga loro riconosciuta. Ma perché ciò avvenga, occorre per l’appunto un piano di reindustrializzazione, che però Borgomeo non ha avuto il tempo di redigere.

E allora cosa fa? Si organizza per denunciare i partecipanti ad un festival di letteratura che ARCI, edizioni Alegre e il Collettivo di Fabbrica della Gkn hanno organizzato dentro la fabbrica. Ma anche questo dimostra la sua “fragilità” come imprenditore. C’è una lunga tradizione, purtroppo perdutasi negli ultimi quarant’anni, di alleanza fra cultura, letteratura e impresa, proprio qui in Italia.

Una volta c’era Adriano Olivetti

Dobbiamo ricordare forse che nella strategia industriale di Adriano Olivetti la cultura era un elemento centrale. Molti intellettuali e scrittori erano impiegati all’Olivetti in ruoli chiave: Geno Pampaloni (direttore della biblioteca aziendale), Libero Bigiaretti (ufficio stampa), Paolo Volponi (direttore Servizi Sociali), Ottiero Ottieri (al personale), Leonardo Sinisgalli (Ufficio tecnico pubblicità, dove lavora anche Franco Fortini), Tiziano Terzani, Franco Momigliano (relazioni sindacali) e molti altri. La fabbrica pubblicava una rivista, Edizioni di Comunità, e realizzava molte attività culturali, a cui presero parte scrittori e poeti come Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Eugenio Montale, Elio Vittorini.

Adriano Olivetti

Al tempo diverse altre aziende, come Eni, pubblicavano riviste in cui pubblicavano i maggiori scrittori italiani. Come Olivetti, includevano nel welfare aziendale conferenze, biblioteche, scuole, le 150 ore per il diritto allo studio (inserite nel contratto nazionale di lavoro su proposta della Federazione lavoratori metalmeccanici, come 150 ore totali di permessi, distribuite nell’arco di un triennio, per perfezionare la propria educazione). C’era una (naturale) alleanza fra cultura e impresa perché la fabbrica è innovazione continua e non può esservi innovazione senza pensiero e cultura del lavoro.

Chi ha paura della cultura

Francesco Borgomeo

Da un certo momento in poi l’impresa, o meglio i suoi proprietari, ha iniziato ad avere paura della cultura. E’ iniziato in coincidenza con la prevalenza della finanza sulla innovazione di prodotto e di processo. Quando è diventato più importante staccare dividendi anno dopo anno, invece che patrimonializzare l’impresa. Quando per i manager la qualità del lavoro ha perso peso rispetto alla soddisfazione degli azionisti e alla propria retribuzione (costituita in misura crescente da stock options). Francesco Borgonovo appartiene alla generazione di “imprenditori” che teme la cultura, perché ovviamente essa implica autonomia e indipendenza di pensiero, capacità di comprendere e valutare quello che avviene nel mondo intorno e, dunque, anche nella fabbrica. Ecco perché non vuole la letteratura dentro la Gkn e non ci vuole persone non ricattabili. E ciò vale tanto per le persone lavoratrici che per i partecipanti al festival. Dunque, sì signor Borgomeo, mi denunci, ci denunci tutti: leggiamo, discutiamo andiamo a teatro in fabbrica… pensiamo.