C’è anche
un sovranismo
di sinistra
Esiste un sovranismo di sinistra? La domanda non è provocatoria e non intende assolutamente essere offensiva per chicchessia. È, piuttosto, un modo per tracciare chiaramente il perimetro di una questione sulla quale è necessario fare chiarezza. Ci sono delle persone di sinistra le quali ritengono che l’Unione europea sia nemica di ogni possibile sviluppo economico e sociale favorevole agli strati popolari e di ogni progetto di superamento delle diseguaglianze. Questo giudizio non riguarda le politiche delle istituzioni europee come si sono andate storicamente definendo negli ultimi anni, la disciplina di bilancio come unico metro di misura del benessere delle nazioni, le liberalizzazioni intese solo come abbattimento dei limiti imposti al “libero” dispiegarsi del Mercato, il rifiuto di ogni forma di regolamentazione degli strumenti finanziari, la ripulsa di ogni tentativo di adottare, o anche solo proporre, politiche sociali, e via elencando i danni che i governi europei, prevalentemente di destra (ma anche alcuni di sinistra ci ha messo del loro), hanno introdotto nell’ultimo ventennio nella politica europea. Esso, il giudizio, investe non le politiche, ma l’Unione in quanto tale. Come se l’austerity, le liberalizzazioni selvagge, il rifiuto di programmazione esemplificato icasticamente nella misera consistenza del bilancio comunitario fossero non errori politici ma inevitabili manifestazioni ontologiche dell’Unione Europea.
L’appello contro il MES
Facciamo un esempio. Nella discussione sull’opportunità o meno che l’Italia utilizzi il MES, alle sciocchezze propagandistiche della destra e di gran parte dei cinquestelle si è accompagnata una assai più rispettabile, ma non per questo condivisibile, opinione di sinistra. In un appello firmato da molti e autorevoli politici ed economisti si è sostenuto che il MES andrebbe rifiutato giacché, essendo un prestito, ancorché molto conveniente e incondizionato, esso andrebbe inevitabilmente a far crescere il debito italiano e “quindi” ci esporrebbe in futuro a un inasprimento delle misure punitive dettate dalla disciplina attuale. Il ragionamento ha una sua logica interna, ma si fonda su una omissione: non spiega quale sarebbe l’alternativa. Poiché tutti siamo convinti che per combattere la pandemia sarà necessaria una quantità enorme di soldi, è evidente che il debito italiano inevitabilmente crescerà, quali che siano gli strumenti adottati. Il problema, quindi, non è come e quanto esso sarà sanzionato dall’Unione, ma se le forze di sinistra e progressiste, italiane e non, avranno la forza per impedire che le sanzioni avvengano nella forma che hanno avuto in passato, come tagli selvaggi e condizionamenti sulle spese sociali, sugli investimenti, sulla struttura del mercato del lavoro.

A meno che i firmatari dell’appello non pensino che si possa uscire dall’euro e cominciare a stampare moneta (e la stragrande maggioranza sicuramente non lo pensa), l’obiettivo che andrebbe indicato non è quello di rinunciare ai soldi del MES quanto piuttosto suggerire al governo italiano, e più in generale al fronte di quanti si battono (o almeno dovrebbero battersi) una strategia per una diversa politica dell’Unione: come contrastare la logica della disciplina di bilancio fine a se stessa.
Meglio andar cauti con l’ottimismo, ma a molti pare che a Bruxelles e in alcune delle capitali europee più importanti, non esclusa Berlino, sulla spinta tremenda delle urgenze provocate dalla pandemia le cose abbiano cominciato ad evolversi nel senso giusto con gli interventi della Banca Centrale, della BEI e i programmi della Commissione. Forse sarebbe utile che la sinistra, anche in Italia, ne prendesse atto.
Come si combatte il dumping fiscale
Facciamo un altro esempio. Nella discussione che si è aperta dopo la richiesta della garanzia di prestito da parte della FCA è stata giustamente messa in evidenza l’assurdità che un simile beneficio venga reclamato da un’azienda con sede fiscale nei Paesi Bassi, che praticano, e non da soli, un inaccettabile dumping fiscale. Scrivendone su strisciarossa in un interessante intervento sulla necessità che la sinistra proponga nuovi modelli di sviluppo, Paolo Borioni sostiene che l’Unione europea, “direttamente o indirettamente, incentiva alcuni stati a privare altri della propria base imponibile”. Forse l’espressione “incentiva” è un po’ troppo forte, però il problema certamente esiste ed è uno scandalo. Ma il punto è: come si supera? La mancanza di una politica fiscale unica dell’Unione è chiaramente un frutto della incompiutezza della costruzione europea. I Paesi Bassi, l’Irlanda o il Lussemburgo possono allegramente giocarsi la carta dell’appeal fiscale per le imprese altrui perché i governi degli altri paesi europei consentono che lo facciano. E consentono che lo facciano perché nessuno accetta di rinunciare a quel patrimonio di sovranità che è il controllo sulla propria fiscalità.
Come nel caso del MES, la soluzione non può che essere trovata dentro il perimetro dell’Unione europea e delle riforme che debbono cambiarla. La sinistra europea deve combattere dentro l’Europa. Fuori non c’è nulla.
Sostieni strisciarossa.it
Strisciarossa.it è un blog di informazione e di approfondimento indipendente e gratuito. Il tuo contributo ci aiuterà a mantenerlo libero sempre dalla parte dei nostri lettori.
Puoi fare una donazione tramite Paypal:
Puoi fare una donazione con bonifico: usa questo IBAN:
IT54 N030 6909 6061 0000 0190 716 Intesa Sanpaolo Filiale Terzo Settore – Causale: io sostengo strisciarossa
Articoli correlati