Caso Skripal, dubbi e profumo di spie

C’è davvero da sperare che il governo e i servizi segreti britannici abbiano qualche prova seria per sostenere la diretta responsabilità delle autorità russe, o di Vladimir Putin in persona secondo le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri Boris Johnson, nell’avvelenamento della spia Sergeij Skripal e di sua figlia Yulia. Per ora, non ne è stata fatta menzione, almeno pubblicamente. A meno di non voler considerare una prova quella prodotta dallo stesso Johnson, e cioè il fatto che Putin avrebbe affermato, tempo fa, che i “traditori della Russia” saranno soffocati dai trenta denari del loro tradimento. L’unico particolare che è stato reso noto dell’inchiesta condotta dalla polizia e dai servizi britannici è che non ci sarebbe traccia del commando che, secondo le primissime ricostruzioni rese pubbliche, sarebbe arrivato in Inghilterra con il gas nervino Novichak che avrebbe poi utilizzato contro le vittime. L’ipotesi sarebbe, allora, che il gas sarebbe stato messo nella valigia della ragazza a Mosca: in una boccetta di profumo, su un vestito o nella confezione di un regalo per il padre.

È possibile che la premier in persona o i ministri dell’Interno o degli Esteri abbiano fornito indicazioni più chiare e meno vaghe di queste ai governi alleati che sono stati chiamati a solidarizzare con Londra contro l’”evidenza” del coinvolgimento russo, basata su “prove schiaccianti”, secondo l’espressione di Johnson. Questo spiegherebbe la decisione, e anche la fretta, con cui Donald Trump, Angela Merkel, Emmanuel Macron e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg hanno aderito all’invito, aderendo alle più dure ritorsioni diplomatiche nei confronti di Mosca dai tempi della guerra fredda. Altri leader e altri governi, per esempio quelli spagnolo, dei Paesi Bassi, del Belgio, del Canada sono stati più prudenti. E lo è stata anche la dichiarazione del nostro Gentiloni, sul quale pesa un motivo di prudenza in più rappresentato dal fatto che i due partiti che hanno vinto le elezioni in Italia nutrono aperte simpatie per Vladimir Putin.

In assenza di maggiori informazioni, però, restano molti dubbi. Innanzitutto uno: perché i servizi segreti russi si sarebbero imbarcati in un’impresa davvero avventurosa, attentando alla vita di Skripal e della figlia in un modo che non potevano non prevedere che sarebbe stato scoperto? L’uso di un gas nervino in un centro commerciale d’una città non è un particolare che si possa pensare che non venga facilmente acclarato da chi indagherà sul crimine. Non sarebbe stato più semplice ricorrere ad altri meno rintracciabili sistemi? Forse si voleva proprio dare la massima pubblicità all’attentato in modo dimostrativo, perché servisse da prova dell’efficienza dei servizi russi e da monito per gli altri “traditori”? Ma Skripal non aveva il profilo di un personaggio importante, la cui uccisione potesse essere fatta valere come “esemplare”. Era una spia di secondo rango e se il motivo della sua eliminazione fosse stato qualche segreto che avrebbe potuto rivelare tanto più, allora, sarebbe stato opportuno liquidarlo con discrezione.

Nessuno sottovaluta, ovviamente, la criminale efficienza dei servizi russi e la determinazione con cui il potere del Cremlino non esita a sbarazzarsi degli avversari, né si possono prendere come oro colato le proclamazioni di assoluta innocenza venute dall’intero establishment di Mosca. L’impressione però è che i russi si sarebbero volentieri risparmiati una crisi diplomatica in questo momento e che si siano trovati obtorto collo nella condizione di dover rispondere alla guerra dichiarata da Teresa May con l’annuncio dell’espulsione di 23 diplomatici. È difficile pensare che l’autocrate del Cremlino avesse interesse a ritrovarsi sur la sellette dell’opinione pubblica internazionale proprio nell’immediata vigilia di una rielezione sulla quale già pesa – e lui lo sa – il fastidio del mondo civile per il satrapismo in cui la Federazione russa sta sempre più scivolando. E – conta anche questo – a pochi mesi dai campionati di calcio che rischiano pesanti danni d’immagine se si dovesse innescare un boicottaggio già adombrato dalle reazioni di Londra.

Insomma, se le prove ci sono è bene che escano subito. Altrimenti non sarà facile allontanare qualche sospetto sulla ritrovata unità tra il capo della Casa Bianca e le cancellerie che contano in Europa proprio nel momento in cui andavano facendosi forti tutti i motivi di contrasto.