Caso Scalfarotto,
il Pd smetta di inseguire
gli umori neri di Salvini

Il ministro dell’interno, che ha rilanciato la foto di un detenuto bendato in una stazione dei carabinieri, ieri ha dato del pedofilo a un giornalista e della zingaraccia a una rom. E’ lo stesso che si è “rotto le palle” delle navi che raccolgono i naufraghi nel Mediterraneo. E che prometteva lavori forzati a vita ai “nordafricani” che avevano ucciso un povero carabiniere, prima di scoprire che …ops, erano statunitensi. Poi capita che su un treno un passeggero si senta in diritto di chiedere il biglietto a un uomo di colore, spiegando che “i negri mi stanno sul cazzo”.

Scalfarotto e la visita in carcere

Il figlio di Salvini sulla moto della polizia
Un fotogramma del video di Repubblica

Sono giornate nere, nel vero senso della parola. E noi qui a discutere se Ivan Scalfarotto dovesse o meno fare visita ai due americani in carcere, per concludere che la polizia penitenziaria è a posto e tutto va come deve andare.

E’ prerogativa dei parlamentari accertare le condizioni dei detenuti. E nessuno – come spiega lo stesso Scalfarotto – aveva avuto nulla da dire fino a quando Salvini – il ministro che non risponde su Moscopoli e pensa che le forze dell’ordine siano sua proprietà privata come da apposita maglietta/felpa/moto d’acqua –  non ha personalmente inoltrato la notizia sugli a-social dell’odio. Un altro passo indietro, del resto – come insegna Putin – i diritti umani/politici/della persona, sono un retaggio del passato. Un virus inoculato da quella democrazia liberale che il Cremlino aborre e intende distruggere ben al di là dei propri confini, foraggiando i sovranismi europei.

Le reazioni nel Pd

Quello che dà da pensare è che lo sdegno di Salvini per la visita di Scalfarotto – legittima sotto ogni punto di vista – abbia sollevato un’ondata di distinguo nel Pd. A cominciare da Zingaretti per arrivare a Calenda che parla di “vette di stupidità” e le attribuisce ironicamente al caldo. Non so voi, ma il caldo mi sembrerebbe aver fatto saltare più i nervi del ministro da spiaggia, che quelli di altri ancora illusi dalle regole della democrazia. Inseguire i (mal)umori salviniani nell’afa di agosto o nel gelo d’inverno non è cosa che possa far bene alla sinistra. Sarebbe semmai l’ora di alzare qualche paletto e difendere la trincea.