Cara sinistra
parla al Paese
Solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato a fronte di una media Ocse del 30%. E quei fortunati che sono laureati hanno un tasso di competenze inferiore a quello dei loro coetanei europei e americani. Un bel problema, direte voi. Sì, un bel problema. Che insieme a tanti altri problemi (calo degli investimenti, scarsa innovazione, precariato, disoccupazione giovanile, welfare fragile, povertà diffusa, solo per citarne alcuni) sarebbero il vero terreno di battaglia della sinistra. Magari andando a parlare con quei giovani senza occupazione, oppure facendo qualche assemblea con i lavoratori dei call center o con i tirocinanti a 300 euro al mese, oppure mettendosi in fila alle poste insieme agli anziani che vanno a ritirare la pensione o davanti ai cancelli delle scuole per capire che cosa ne pensano gli studenti di quello che accade dentro le aule. E poi alla fine, perché no, organizzando una conferenza nazionale sul futuro alla quale invitare tutti questi soggetti e altri ancora, e farli parlare, far loro raccontare esperienze e prendere nota. Ce ne sarebbe di lavoro da fare.
E invece ci tocca assistere da qualche mese al solito triste balletto sulle note del politichese. E’ un vecchio vizio italiano che ha contagiato anche la sinistra. Questa volta il ritmo è questo: Pisapiasì Pisapia no Pisapia ni, D’Alema certo D’Alema mai D’Alema forse. Ancora:Pisapia è poco coraggioso, faccia un passo avanti, D’Alema è divisivo faccia un passo di lato. Non vogliamo annoiarvi perché di variazioni sul tema ce ne sono moltissime e coinvolgono anche altri protagonisti.
Ora, come direbbe Totò, siamo uomini di mondo e quindi non vogliamo sottovalutare il problema politico di leadership che sta alla base di questa estenuante querelle tra Mdp e Campo progressista. I leader sono importanti e non è vero che non contano (il problema è quando vogliono contare troppo). E nemmeno vogliamo sottovalutare il tentativo evidente (con il Corriere in prima linea, il Tg1 in seconda e il Foglio in ultima) di spaccare la sinistra nascente. Per dividere Pisapia dagli altri, dimostrando ogni giorno che esiste un Pisapia buono e un D’Alema o un Bersani o uno Speranza cattivi. Uno che vuole salvare il governo, che lavora per l’unità, che parla di Ulivo, che usa toni soft e gli altri che vogliono far saltare tutto, sono pieni di rancore, sono aggressivi e vogliono costruire la solita sinistra parolaia e di testimonianza.
Tutto questo c’è. C’è sicuramente un disordine che è connaturato a qualsiasi operazione di costruzione di un nuovo soggetto politico, con tensioni e contrasti a volte duri. Di casi è piena la storia, a cominciare dalla nascita del Pci. Però il problema è che, così facendo, quella parte di popolo di sinistra che non si sente rappresentata dal Pd – quella, per intenderci, che ha lasciato il campo e si è ritirata in attesa di tempi migliori e che secondo alcuni calcoli conta qualche milione di elettori – si allontana sempre di più. Sente che nulla di nuovo c’è sotto il cielo della politica italiana dopo la sbornia del renzismo. Si annoia a leggere i retroscena, le mezze frasi, le punzecchiature. I duelli e le tregue e poi di nuovo i duelli. “Basta parlare di noi, dobbiamo ripartire dai problemi delle persone”, ha detto Roberto Speranza chiudendo la festa Mdp di Napoli qualche giorno fa. Ecco, appunto: basta parlare di voi, dei vostri destini personali, del vostro ombelico che non è per nulla l’ombelico del mondo.
Cari compagni, avete imboccato una strada sbagliata. Aprite le porte e le finestre, fuori dalle vostre stanze c’è un mondo che aspetta di sentire parole nuove, che spera in una politica diversa, che ha voglia di una sinistra più coraggiosa che non perde la propria identità. Quel mondo vuole contare, e contare anche nella scelta dei leader. Soprattutto vuole sapere che cosa volete fare del Jobs act, come pensate di ripristinare un minimo di dignità rivedendo le norme sui licenziamenti, se e come cambierete la “buona scuola” e dove prenderete i soldi per investire sull’istruzione, come difenderete la sanità pubblica dall’assedio dei privati e come immaginate di garantire alcuni diritti fondamentali come quello dello ius soli bruciato sull’altare della campagna elettorale.
Insomma, vuole sapere, quel mondo, come si può cambiare il Paese. La sinistra è nata per difendere i deboli e non per farsi la guerra tra forti fingendo di occuparsi dei deboli.
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