Canteremo in tanti, canteremo per tutti
“Bella Ciao”, poesia della nostra libertà
Ognuno avrà il suo 25 aprile da festeggiare. I più lo faranno immergendosi nella grande piazza virtuale voluta dall’ANPI mentre altri esporranno il tricolore alle finestre. Molti canteranno Bella Ciao dai balconi di casa, magari dopo essersi gustato il volume che Marcello Flores ha dedicato alla canzone-mito. E’ uno dei canti più conosciuti nel mondo e, proprio in Italia, Bella Ciao “ha costituito spesso il pretesto- come scrive Marcello Flores nel volume appena edito dal Mulino – o è stata il simbolo, per le polemiche che accompagnano ogni anno la celebrazione del 25 aprile, della festa della Liberazione, considerata da una parte non secondaria della società, anche se fortunatamente minoritaria, una data divisiva che sarebbe bene lasciare nell’oblio, così come la canzone accusata di rappresentare l’egemonia comunista sulla Resistenza. Per certi aspetti la contrapposizione politica e ideologica attorno alla Resistenza è cresciuta proprio in questo secolo, creando a un vero e proprio conflitto di memorie che tende a ridimensionare il ruolo centrale che la Resistenza ebbe nella riconquista della libertà e nella fondazione di una repubblica democratica e della sua costituzione. E che non ha evitato di coinvolgere Bella ciao proprio negli anni del suo inarrestabile successo planetario”.
Letteratura e poesia
Canteranno in molti, dunque. Altri leggeranno libri, riscoprendo i classici sulla Resistenza (Fenoglio, Cassola, Meneghello, Calvino e Levi, tanto per citarne qualcuno) e infine alcuni si ritroveranno a leggere poesie, magari inedite fino a ieri, come quella di Alfonso Gatto, pubblicata ieri sul Corsera, con quei versi finali che sembrano scritti per l’oggi: ” Era la libertà che non ha niente/ e dà nome alle cose, tocca i vivi,/ li scuote a dirli vivi più dei vivi./ Ci toccavamo increduli era vera/ la terra, vero il cielo, e nella sera/ da braccia a braccia passavamo stretti/ nel ballo dietro i canti e gli organetti. / E per la libertà voglio che il mare/ non abbia fine e che l’aprile sia/ per tutti quella grande primavera/ che noi vedemmo uscendo sulla via/ con la falcata sempre più leggera,/ correndo senza peso alla parola/ dell’uomo solo che non è più sola:/ Italia, patria senza monumento, / vita che vive, spazio, luce, vento”. Sulle pagine di Strisciarossa, Ella Baffoni, ha descritto, ieri, alcuni dei mille modi con i quali, nel paese, si ricorderà il 25 aprile. Saranno tantissimi i democratici che lo faranno e non si avvertirà la mancanza di quelle persone che, come Sallusti e soci, si sono autoescluse, grazie al virus che imperversa, dalla retorica della celebrazione.
A tenerci lontani dalla retorica, ci hanno pensato Fahrenheit e Radio 3 Suite, permettendoci di ascoltare, nel silenzio degli eremi in cui siamo costretti, le voci di alcuni dei protagonisti del secondo risorgimento. Un’esperienza intensa che può offrirti soltanto la voce che irrompe dal mezzo moderno che si ha a portata di mano (computer e smartphone o app che sia) o dalla sagoma ineguagliabile di quell’oggetto che ci permetteva, girando le manopole delle onde medie o lunghe, di captare il mondo mentre scorrevano le nostre vite. Potenza della radio. Dal 13 aprile al 30 aprile sono messe in onda una serie di piccole biografie – quaranta – di donne e uomini che hanno partecipato in forme diverse alla Resistenza. Due appuntamenti al giorno. Il 25 aprile, nel corso di Piazza Verdi a Milano, si potranno ascoltare venticinque storie, lette dagli autori, tutti storici, di questi piccoli ritratti: Marcello Flores e Mimmo Franzinelli, autori della Storia della Resistenza uscita recentemente presso Laterza, Isabella Insolvibile, Michela Ponzani, Toni Rovatti e Carlo Greppi.
L’importanza che ebbero le donne
Quasi la metà dei “resistenti” ricordati sono donne, a testimonianza del ruolo importante, anche se a lungo rimosso e dimenticato, che le donne ebbero nel riuscire a gestire gran parte degli aspetti logistici e organizzativi, informativi, ma soprattutto di coesione sociale fra la popolazione e i gruppi combattenti. Emerge la figura di Ondina Peteani, la “prima” staffetta partigiana nella battaglia di Gorizia del settembre 1943, poi deportata ad Auschwitz e riuscita a sopravvivere al lager. O quella di Irma Bandiera, anche lei staffetta partigiana, arrestata e torturata dalle Brigate nere per farla parlare (fu perfino accecata) e infine uccisa sotto casa e il cadavere esposto come monito. Più nota è la storia di Carla Capponi, membro del Gap romano, che partecipa all’attentato di via Rasella e diventa poi vicecomandante partigiana. E le altre storie: quella di Maria Teresa Mattei, la donna più giovane che sarà eletta all’Assemblea Costituente, che viene arrestata e torturata ma riuscirà a salvarsi e partecipare all’attentato contro Giovanni Gentile a Firenze; quella di Marisa Sacco, unica donne della III Divisione Giustizia e Libertà che combatte nelle Langhe al comando di Giorgio Agosti e parteciperà alla liberazione di Torino; Maddalena Cerasuolo, detta Lenuccia, che combatte coraggiosamente col padre e i fratelli nelle 4 giornate di Napoli e collaborerà dopo con i servizi segreti britannici che l’utilizzeranno in difficili missioni e, infine, quella di Anna Maria Ichino, che nella sua casa di Firenze nasconde e protegge decine di ebrei, antifascisti, perseguitati, e avrà in quel periodo un’intensa storia d’amore con Carlo Levi, che a casa sua scriverà, nei giorni prima della liberazione del città, Cristo si è fermato a Eboli.
Nella piazza di Milano, tra una testimonianza e l’altra, risuoneranno i canti dei partigiani e, fra tutti, i tanti modi nei quali interpretata Bella Ciao. E’ strana la storia e la metamorfosi di questo canto. Scrive Marcello Flores: “È probabile che molti, tra coloro che l’hanno ascoltata in questi anni da autori amati dai giovani per altre canzoni e performances, non sappiano nemmeno che si è trattato di una canzone della Resistenza e, probabilmente, non sappiano nemmeno che cosa è stata la Resistenza. Un successo universale con numeri così elevati allarga sempre più la platea di coloro che non hanno alcuna conoscenza delle origini della canzone, che la cantano spesso in italiano (almeno il ritornello) senza sapere bene cosa significa, o che la cantano nella propria lingua e traduzione con parole che spesso sono un riadattamento o una rivisitazione del testo del canto partigiano italiano”.
Perché tanto successo nel mondo? Ricordate Volare di Modugno? S’è ripetuto lo stesso meccanismo: due parole italiane ( bella, ciao) tra le più note e le più conosciute, facilmente traducili in molte altre lingue, e una melodia orecchiabile. Anche i vigili del fuoco inglesi si sono cimentati, in una bella testimonianza di solidarietà (GUARDA QUI). Tutto questo senza senza considerare il complesso e articolato percorso nel memoria individuale e collettiva. Cantiamola come più ci piace. Come i City Rambles, o come l’ha cantata Tosca o, per andare ancora più indietro, con lo stile di Gaber, Milva e Montand. Cantiamola come la ballata del 25 aprile.
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