Borghesia e paura, alleati di ferro
Per anni la sinistra non ha fatto che parodiare e dileggiare la paura e il risentimento di una popolazione di inermi che, letteralmente, è alla mercé dei suoi aggressori, schernendo la vecchietta se si fa montare la porta blindata e ci si chiude dietro a tripla mandata per paura degli albanesi… Incaricati di questa opera di sistematica denigrazione sono i suoi numerosi scrittori satirici e di elzeviri. Come se il problema sociale, in definitiva, fosse la vecchietta, da mettere alla berlina, non gli albanesi da mettere in galera. Certo è più facile e meno dispendiosa la prima soluzione.
In fondo è così riprovevole che ai nostri borghesi prema sopra ogni cosa di vivere e morire in pace? Cosa c’è di disgustoso in questo desiderio poco romantico ma in fondo comprensibile? Perché una persona onesta non ha il diritto di pretendere che i suoi interessi legittimi abbiano il sopravvento su quelli di un malvivente? Come scrive il più famoso teorico della violenza, l’uomo onesto ha l’eccellente pretesa di non lasciarsi accoppare con la scusa che egli è onesto…
L’ansia dell’uomo borghese
L’ho già detto: “borghese” è una parola che riesce difficile a quasi tutti gli autori, me compreso, pronunciare o scrivere senza un accento sottile di disprezzo, una lieve smorfia di scherno.
La straordinaria capacità di costruire con la mente scenari drammatici elaborando un minimo indizio di pericolo, viene pagata con l’ansia permanente. L’spetto derisorio di questo incubo è che non ha affatto bisogno di realizzarsi per gettarci nel panico: è l’attesa stessa la fonte del terrore. L’uomo è probabilmente la creatura più paurosa del creato, e i borghesi tra gli uomini sono i più paurosi. La paura tiene loro compagnia ogni minuto in cui sono scanditi il giorno e la notte. A fronte di una limitata prospettiva di sofferenza fisica, causata da necessità materiali perlopiù soddisfatte, possiede una pressoché infinita capacità di sofferenza mentale. Alle minacce reali somma quelle fabbricate in serie dal suo intelletto instancabile, e per queste ultime soffre come per le coltellate, anzi di più, perché la lama ipotetica non smette mai di essere brandita su di lui, e abbassarsi a colpire, colpire, come in Psycho. Le incalcolabili trafitture della paura, l’attesa della sofferenza fanno soffrire persino di più della sofferenza quando arriva davvero.
Apprensione, cruccio, angustia, allarme, inquietudine, sospetto: l’immagine della vita beata della classe media come un fiume che scorre placido è un puro mito. Il borghese è preoccupato per sé, per i familiari, per beni e risparmi che non sente assicurati in pianta stabile, per l’ordine sociale e per il proprio equilibrio morale e psichico, cioè le due facce simmetriche della sicurezza, la quale purtroppo riposa su troppi fattori, nessuno dei quali si può dire garantito in via definitiva. Si sente minacciato dall’esterno e dall’interno, da chi sta peggio ma anche da chi sta meglio di lui.
Gli attentati alla sicurezza
Potenti e pezzenti attentano con tutte le armi, subdole e manifeste, alla sicurezza, alla rispettabilità, al patrimonio e persino alla vita dell’inerme esemplare della classe media: lo Stato lo deruba non meno dei ladri e delle compagnie telefoniche e degli istituti di assicurazione. Il caro prezzi e le oscillazioni della borsa, gli immigrati clandestini e gli spacciatori di stupefacenti, gli stessi membri di questa classe si alleano per congiurare contro gli altri membri – e così avvocati, medici, dentisti e notai non fanno che complottare per rendere amara la vita del borghese. Le ingiunzioni e le cartelle esattoriali la avvelenano per mano del postino.
Egli teme la solitudine quanto l’affollamento, ha paura di essere abbandonato a se stesso almeno quanto di essere invaso, nei propri pensieri e nei propri beni, anzi forse quest’ultima paura resta la più forte e la più antica, si ha paura dell’estraneo come dei serpenti e delle belve feroci contro cui combattevano i nostri progenitori difendendo le loro caverne. Questa paura va esorcizzata a ogni costo. Forse la più efficace opzione contro di essa non è il lottare o il darsi alla fuga, bensì il fingersi morti. Mutarsi in pietra, mimetizzarsi col cemento, annullarsi. Sopprimere ogni reazione emotiva fino ad avere il cuore di un fachiro. Aveva sempre funzionato.
C’era gente che viveva egregiamente come se fosse morta, camminava, firmava assegni, guardava la tv, guidava il Millecento, andava al cinema o alla partita e persino moriva, alla fine, pur essendo già defunta da un pezzo. Solo una morte anticipata rendeva possibile una vita decente. È quello, in fondo, che sostengono filosofie e religioni.
(Edoardo Albinati, “La scuola cattolica”, 2016)
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