Bologna, i giovani e lo sgombero del centro sociale Xm24

La notizia non ha trovato spazio sui media nazionali. Ma nei giorni scorsi, su disposizione della magistratura, le forze dell’ordine hanno sgomberato il centro sociale Xm24 di all’ex caserma Sani di via Ferrarese a Bologna. È il secondo sgombero che il centro sociale subisce in cinque mesi. Dopo il primo, avvenuto in agosto, dopo 17 anni di utilizzo di un ex mercato, i giovani del centro Xm24 hanno occupato la caserma Sani di fatto in stato di abbandono da moltissimi anni.

Xm24-Blu
Il murale di Blu sulla prima sede di Xm24

Il magistrato ha motivato la sua decisione che «ragioni genericamente sociali» non legittimano l’occupazione di edifici e che il diritto di associarsi liberamente «non implica il diritto di occupare immobili altrui, a proprio piacimento, in spregio al diritto di proprietà, anch’esso costituzionalmente garantito».
Non entriamo nel merito giuridico della questione. Ma pensiamo che una questione del genere non possa essere affrontata e risolta in sede giudiziaria. Né a Bologna né nel resto d’Italia. Il tema è generale.
Fermo restando il rispetto delle leggi, la questione, come si diceva una volta, è politica. E riguarda la possibilità – anzi, il diritto, per usare le parole del magistrato – per i giovani (e i meno giovani) ad associarsi liberamente e a svolgere una funzione sociale fondata, essenzialmente, sul volontariato.
Per capire di cosa stiamo parlando occorre dire, anche se in linea di massima, cos’è e cosa fa il centro sociale Xm24.

Le attività di Xm24

Le elenchiamo, senza pretesa di completezza: la Ciclofficina Ampio Raggio, per il recupero rottami e la riparazione di biciclette; lo Eat the Rich, una cucina etnica con ricette da tutto il mondo anche per chi non può permettersi di andare al ristorante; il Frange Estreme, un parrucchiere gratuito; Frigotecniche, un laboratorio di analisi per valutare la purezza delle sostanze stupefacenti che assume chi intende drogarsi; un HacklabBo (per l’alfabetizzazione digitale e l’hacking);

L’Infoshock, un giornale; l’Antiprob 57, un giornale antiproibizionista; il Landark, un collettivo di fotografia; la StaMurga, una distilleria e birreria; il MeryXm, un collettivo di avvocati che a titolo gratuito seguono le vittime di violenza sessuale e di discriminazioni; i Nomads, che si occupa di migranti e di trovare loro un alloggio (il centro sociale assicurava all’atto dello sgombero un alloggio a 20 famiglie bisognose di migranti); l’Olimpika, che si occupa di scenografie teatrali a partire da scarti industriali riciclati; la Palestra popolare libera, con corsi di yoga come di arti marziali, di tessuti aerei come di danza; il RAL, ovvero la falegnameria; lo St’orto, un mercato per i contadini dell’Appennino; il Samba Lotta, che si occupa di geopolitica e di studi sullo spionaggio; una Scuola di italiano per migranti; una Scuola di Arabo e una di Cinese; la SeryXm, per lo sviluppo della serigrafia e la xilografia; Altrementi, un collettivo di psicologi della scuola antipsichiatria e di psicoanalisi che offrono le loro consulenza a titolo gratuito e propongono percorsi collettivi; lo Sportello consulenze giuridiche; il Teleimago, che organizza un cineforum e ha aperto un canale YouTube. E poi ancora eventi musicali, cucina, arti visive, editoria.

Il centro sociale non deve morire

Siamo certi di dimenticare qualcosa. Ma questo elenco dimostra che quelle del centro sociale Xm24 non sono «ragioni genericamente sociali». Il centro raduna un numero cospicuo di giovani e meno giovani che propongono cultura alternativa e iniziative che possono essere condivise o no, ma che dimostrano un forte e tutt’altro che generico impegno sociale. Come ci dice uno dei frequentatori e animatori: «il centro è troppo bello per lasciarlo morire».
Ecco, lo sgombro coatto non deve precludere alla morte del centro sociale.
Il comune di Bologna deve trovare una soluzione che impedisca a Xm24 di morire, in maniera traumatica o per lento sfinimento. Tanto più che il giudizio positivo sulle attività del centro è condiviso da molti bolognesi che non fanno parte di Xm24 ma che ne riconoscono, per l’appunto, il forte impegno e l’utilità sociale.

I giovani e il patrimonio inutilizzato

Ma bisogna andare oltre la vicenda di questo centro e generalizzare il discorso. Non viviamo in un paese adatto ai giovani. In molti modi li releghiamo ai margini. E troppo spesso si pensa di risolvere i loro problemi per via giudiziaria. Mentre il problema è politico. Occorre, per restare nell’ambito del nostro discorso, restituire ai giovani quello che anche il magistrato bolognese ha evocato: il diritto ad associarsi liberamente.

Xm24
È ovvio che i giovani non hanno i mezzi per garantirsi da sé questo diritto. Di conseguenza questo diritto costituzionale deve essere garantito dalle istituzioni: comune, regione, stato. Magari con un piano nazionale. Esistono nel nostro paese svariati edifici (compre ex caserme) inutilizzati. Perché non darne in gestione alcuni alle libre associazioni di giovani (e meno giovani) che hanno dimostrato un forte impegno sociale?
Perché non conferire in maniera perfettamente legale ai giovani degli spazi da autogestire in cui liberare la loro creatività, anche quando è alternativa alle culture maggioritarie?
Perché non garantire loro gli spazi anche al centro delle città? Non bisogna marginalizzarli, i giovani, relegandoli quando va bene nelle periferie. Di questi centri di impegno sociale volontario c’è bisogno nel centro come nelle periferie delle città.
Tanto più che ne guadagna la città nel suo complesso e non solo le sue frange meno integrate. Le città creative, dicono molti sociologi, sono quelle della contaminazione culturale, dove si incontrano tutte le persone che producono e diffondo nuove conoscenze: scienziati accademici (umanisti e naturali); artisti; intellettuali in genere e anche bohémien. Da questo milieu non possono essere esclusi i giovani, anche (e verrebbe da dire soprattutto) quando esplorano strade alternative.