Bolle in forma
di matrioske
Dagli schermi dei nostri cellulari e smartphone, diventati potenti cannocchiali, osserviamo, minuto dopo minuto, il mondo che s’è fatto universo. Il più delle volte gli stessi schermi si trasformano in cannocchiali dalla portata breve con i quali scrutiamo, come guardoni, le pratiche quotidiane degli amici del bar, quasi tutti, oggi, trasferiti sui social domestici. E’ la Rete, bellezza.
Bene e male s’incrociano e s’intrecciano, ponendoci di fronte a fatti che turbano le nostre coscienze e diventano naturali spartiacque: ci fanno capire dove e da che parte stiamo. Prendiamo un piccolo esempio: il caso di Torre Maura, del pane calpestato, dei rom emarginati oltre l’emarginazione, del giovane Simone che si erge a baluardo contro i facinorosi. Il suo semplice dire:”“Nun me sta bene, che no, so’ minoranza che si” imperversa sui social. Frasi sincopate, quasi da rapper. La semplicità di dire le cose come stanno, commenta Concita De Gregorio. Piccole gioie di sinistra. Tra i mille commenti alla stessa vicenda, brilla un’altra frase: “Certo quanto sono brutti questi cittadini di Torre Maura. Sembianze orrende proprio”: è un post di Mario Lavia, che vanta il titolo di vicedirettore di Democratica. Parole diverse, brutte, scritte per vantare una presunta originalità; parole che indignano i social. Grandi errori di sinistra.
Come bene e male anche il vero e il falso s’incrociano e s’intrecciano nella Rete. S’è posti, in questo caso, di fronte alla difficoltà di scoprire se ciò che leggiamo sia una bufala o un fatto davvero accaduto. Il mondo della post-verità, creato dagli algoritmi e dalle fake news. La pratica della falsificazione è vecchia ma con la Rete, date le peculiari caratteristiche degli ambienti digitali, ha assunto inaspettate dimensioni. Orson Welles e Luther Blisset ci appaiono come signori di un’altra epoca.
Puntualmente si scopre che esistono documenti segreti che svelano ciò che segreto, ormai, non è: cioè l’interesse delle grandi potenze a influenzare i comportamenti dei paesi più sottoposti alle pressioni dei sistemi economici e dai variegati e complessi sistemi informativi. L’ultimo, svelato nei giorni scorsi, è dell’aprile del 2017 e mostra che c’è una “ intensa attività di promozione degli interessi russi in Europa” . Tra le attività di propaganda è previsto, ovviamente, un massiccio uso delle piattaforme social e della Rete, per influenzare i comportamenti elettorali dei paesi europei orientandoli verso certi partiti (in Italia, Lega e 5 Stelle). La vecchia Europa sarà invasa, da qui al voto, da milioni di bufale, tant’è che anche i burocrati di Bruxelles se ne sono accorti e cercano di ricorrere, seppure tardivamente, a qualche tecnica per arginarli. C’è da essere pessimisti.
Esiste, dunque, una stagionalità delle fake: rallentano durante l’ estate e occupano maggiori spazi con l’avvicinarsi delle scadenze elettorali. Pensiamo al ruolo che hanno avuto nelle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti. Craig Silverman per BuzzFeed ha dimostrato che le 20 false notizie più diffuse su Facebook tra il mese di agosto e il voto Usa, hanno sopravanzato di parecchio nella diffusione i 19 maggiori siti di informazione e nei stessi mesi sono proliferati nei paesi dell’est, dalla Macedonia alla Bulgaria, decine e decine di siti specializzati nel lanciare notizie fasulle.
Il recente Rapporto dell’Agcom ( “News versus Fake nel sistema dell’informazione”) svela che anche in Italia è presente questa stagionalità delle fake: nel periodo che va dalle ultime elezioni politiche ( marzo 2018) alla formazione del nuovo governo ( maggio 2018), si registrano i picchi più alti:” Questa evidenza segnala la grande rilevanza attribuita dai media alla politica e alle vicende istituzionali, anche in risposta alle esigenze dei cittadini, che proprio dai media attingono le informazioni su cui fondano le proprie opinioni e le trasformano in espressioni di voto”.
C’è uno strano impasto nel modo di confezionare le fake news. Ci sono le fake news professionali e quelle amatoriali che rinunciano a ogni tentativo di apparire credibili: ogni notizia fantasiosa è degna di essere pubblicata, ed è qui, forse, che il sistema perfetto che unisce le fake news e la viralità mostra un punto debole. I professionisti, come quelli che hanno agito in occasione delle elezioni statunitensi, perseguono sofisticate strategie di disinformazione con l’ausilio di meccanismi automatici come i bot, moltiplicando gli account falsi o falsi profili social.
Grazie al potere degli algoritmi si stanno affermando sulla scena pubblica nuovi agenti di monopolio dell’info-mediazione, fornendo bussole di orientamento delle ricerche degli utenti connessi, che spesso si trasformano in significati utili per la nostra opinione o persino il nostro agire. E’ decisivo, in questo, il ruolo che hanno multinazionali come Google e Facebook, influendo oltremisura sui processi di visibilità, di ricerca e di filtraggio delle informazioni presenti online. Nuove forme di capitalismo digitale si sono affermate così prepotentemente da avere la forza di incidere anche sulle politiche dei singoli stati nazionali.
Le persone non elaborano le informazioni in maniera neutrale: i pregiudizi possono influenzare le loro reazioni, perché portano a selezionare e interpretare le nuove informazioni in maniera preconcetta. Ne deriva che chi ha ritenuto vere delle notizie false non abbandona facilmente le proprie convinzioni, specialmente se comportano un coinvolgimento emotivo. Una teoria molto nota agli studiosi di media digitali (biased assimilation) fa capire che può essere straordinariamente difficile eliminare certi convincimenti dalla mente di una persona, anche mettendola di fronte a dato di fatto.
Le fake diventano virali grazie alle modalità di consumo informativo sulle piattaforme online, che, specie per le tematiche come quelle riguardanti la politica o la salute, avviene nell’ambito di comunità chiuse e distinte. I modelli di consumo informativo e la stessa interazione degli utenti con le notizie sulle piattaforme online sono caratterizzati, dunque, dalla tendenza alla polarizzazione e alla esposizione selettiva. Sono chiusi in bolle (echo chamber) pronti a selezionare le informazioni che sono coerenti con il proprio sistema di credenze, formando gruppi polarizzati di persone con idee simili su narrazioni condivise, in cui le informazioni discordanti vengono ignorate. Non contano perciò, in questo processo, solo i fenomeni cognitivi ma anche le pratiche culturali e sociali. Le bolle
provocano così fenomeni di polarizzazione delle opinioni così che le persone tendono a ricercare informazioni utili a confermare proprie idee. Ciò comporta, conseguentemente, che siano sminuite o ritenute meno credibili le informazioni ciò che siano divergenti divergente o dissonanti dalle proprie. Una logica che induce al rifiuto di ogni mutamento e a forme di nuovo conformismo. Le conseguenze sono duplici: i cittadini sono indotti a pensare che ciò che accade nella propria bolla sia rappresentativo della maggioranza delle posizioni presenti nell’interno del web e inoltre risulta difficile verificare la veridicità di un’informazione, dal momento che, nella bolla, non sono presenti informazioni discordanti e la loro provenienza da reti social delle quali i cittadini si fidano ne rafforza l’affidabilità. Specie se le bolle sono confezionate sotto forma di piacevoli matrioske.
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