Bollani rilegge Jesus Christ Superstar
E fa scintille anche senza immagini
Il talento assoluto di Stefano Bollani, ormai consolidato da anni, continua ad avere occasioni per essere confermato nelle situazioni e nelle sfide più disparate. Pianista eccelso, sia in solo che nel ruolo di band-leader, suona ad alti livelli ormai da almeno quindici anni e si è fatto apprezzare anche come intrattenitore leggero nonché comico e come divulgatore culturale per nulla pretenzioso o saccente.
Esposto per un certo periodo in maniera eccessiva, forse anche con qualche incisione discografica superflua, il bravissimo Stefano ( che ricordo con piacere di avere intervistato, molto giovane, con il suo amico Massimo Altomare per la splendida Radio Città Futura degli anni 90) ha ritrovato un equilibrio eccellente nella sua attività, ed in questi strani ed incomparabili tempi dell’emergenza planetaria, si ritrova come molti altri artisti a presentare un suo lavoro da casa e da un collegamento video. Niente concerti, per ora non se ne parla. Ma Bollani può farlo da casa, in video collegamento e con la consueta maestria. Eccolo allora (coraggiosamente, direi) alle prese con un suo grande amore di adolescenza, misurarsi con composizioni musicali di ampio respiro, spesso orchestrali e indissolubilmente accompagnate da vicende ed immagini prima teatrali e poi cinematografiche, da solo e nella intimità di sé stesso col suo pianoforte. Ascoltare i temi di “Jesus Christ Superstar” è un tipo di esperienza inseparabile dalla visione delle immagini, così almeno dovrebbe essere per tutti.
Sia per chi, come il sottoscritto, conosca a memoria la storia e tutti i brani, come per chi vi si avvicini per la prima volta. Le versioni di Heaven on Their Mind, Everything’s All Right, Hosanna e Superstar, insieme alle figure di Gesù, Giuda e Maddalena sono scolpite nella memoria di molti giovani degli anni 70 in modo indelebile. Difficili da manipolare. Ma Bollani è capace allo stesso tempo di rispettare la natura delle composizioni e la loro naturale sequenza (anche emozionale) e di dare a tutti i brani che suona un’identità ed un’impronta assolutamente personale, viaggiando fra lo swing e la melodia, fra il gospel ed il rock, fra le venature malinconiche e crepuscolari e le impennate più kitsch e vaudeville. Perché lui, come pochi altri, ha un dono. Quello di vivere con il suo strumento (con il quale sembra essere nato) una completa simbiosi. Ed anche quello di conoscere la musica in un modo completo, pressoché tutti i generi. Ed anche di conoscerli in modo naturale, non pomposo né intellettualoide, tanto da poterne parlare agli altri da pari a pari. Bollani che suona è come Benigni che ti legge e spiega Dante, tutto chiaro ed alla tua portata di fruitore. Una goduria. Ed allora, i brani che raccontano la storia scritta nel 1973 da Andrew Lloyd Webber riprendono vita, nuova linfa, si rivelano in una veste mai conosciuta e assai piacevole. Sia per il collezionista che conosce la sequenza a menadito che per qualcuno che non sa cosa sia. Per tutti il consiglio di andarsi comunque a rivedere l’originale, sia teatrale che cinematografico. Per apprezzare ancora di più la versione moderna di questo grande artista.
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