Barbiere, partigiano, sindaco comunista
Paolino Ranieri, una storia italiana

L’autore racconta di Paolino Ranieri (1912- 2010), partigiano nome di battaglia Andrea, sindaco comunista di Sarzana per vent’anni, che dedicò l’ultima parte della sua vita a raccontare la Costituzione e la Resistenza nelle scuole. Il libro di Andrea Ranieri “Mio babbo partigiano” è un atto d’amore di un figlio al padre scomparso. Ma c’è di più. È una piccola biografia, in quel triangolo di valli e montagne tra Liguria, Emilia e Toscana, che parla di un’Italia che non esiste più: quella della guerra, della fame, della povertà, delle bastonate fasciste. Del dopo guerra e del miracolo economico, di un’Italia colta, piena di speranza verso il futuro,del PCI paese nel paese di cui scriveva Pasolini. E Paolino Ranieri è uno di quelli che quella storia l’ha vissuta e l’ha fatta. Cresciuto con una madre vedova e povera, ventenne che imitava l’eleganza dei miti cinema degli anni trenta, si guadagnava da vivere come barbiere nella Sarzana del fascismo. Dal suo salone passavano i materiali della propaganda clandestina, scoperto sopravvisse al tribunale speciale del fascismo, organizzò la resistenza cominciando “a cercare quanti il fascismo lo avversavano. I più timidi e i più estremi”. Anima un gruppo di giovani partigiani, alcuni senza coscienza ai quali offre un’educazione politica. Divenne sindaco della sua città nella ricostruzione, militantenel PCI della guerra fredda,da libertario e non ortodosso. In tarda età fondò un museo interattivo della resistenza, mescolando memoria e tecnologia, grazie all’aiuto di Paolo, nonno e nipote insieme. Paolino, nome di battaglia Andrea, è un duro che non ha perso la tenerezza. A guerra finita un senatore del MSI in una cerimonia ufficiale cerca di ammaliarlo, riconoscendogli il comune valore di combattenti per degli ideali, Paolino gli risponde “non siamo uguali. Fosse per te, oggi non staremmo qui. Io sarei morto o in prigione”.

Mio babbo partigiano è un libro intimo, offre al lettore una passeggiata nel dietro le quinte dell’autore. La chiave di lettura principale è quella padre-figlio, tra le relazioni umane più complesse se si cresce all’ombra di un grande padre, dal quale ci si sente protetti “come stando sotto un tetto”. Ma al contempo il figlio a un certo punto deve andare oltre quel lascito e cercare la sua strada. Strada che comincia a cercare presto, fin da quando giovanissimo militante di Lotta Continua occupa il comune di Sarzana, il cui sindaco è Paolino. Andrea Ranierifa parte di una generazione fortunata, cresciuta con i grandi maestri e gli esempi morali di Foa, Trentin e dei partigiani. La mia generazione di esempi e maestri ne ha avuti pochi. Per tanti e tante, nati tra gli anni‘80 e inizio anni ’90, che hanno conosciuto la politica nel clima di Genova del 2001, hanno partecipato ai movimenti studenteschi, si sono impegnati nel sindacato o nella vita di partito, tra i pochi maestri, c’è Andrea Ranieri. È lui ci ha messo in testa Delors e Sennett, l’amore per Genova e i fumetti italiani. È lui che ci ha insegnato che la politica non è solo esercizio di potere, ma difendersi da esso. Come in tutte le vicende di Andrea, quando parla di politica, di storia, risuona l’autenticità: il racconto di padre e figlio che ascoltano il ciclismo alla radio, è una piccola gemma che brilla dell’umanità vera di Andrea. Leggendo la storia del padre, credo di capire meglio Andrea, la sua vita da sindacalista, il suo fare politica nei DS in equilibrio tra diversi, come il padre che lavorava con tutti coloro i quali “volevano rendere la realtà un po’ migliore” senza pregiudizi per la tessera di partito. Leggendo dei “compagni na sega”, gli arrivisti che il babbo osteggiava nel PCI sarzanese degli anni ’60, ricordo Andrea che abbandona ilPDle cui assemblee nazionali si erano trasformate in una “convention di Tecnocasa”, tutti incravattati e sorridenti.

 

Un giovane curioso

La capacità di Andrea di scovare gocce di splendore nei posti più insperati, è la stessa del padre che si fa amico di Nino, gestore di un hotel a Tarsogno, giovane curioso, affetto da SLA, che portò la modernità in cima all’Appennino, “uno dei pochi socialisti in un paese dominato dal prete”. La curiosità di Andrea per le cose lontane, come quando prima di trasferirmi a Marsiglia lo andai a salutare, mi raccomandò di leggere Izzo e mi disse “stai attento, è un posto complicato. Ti piacerà”, è la stessa del padre che andò in Albania. Partì con un gruppo di marxisti italiani in cerca di un altro comunismo: appena arrivati dovettero tagliarsi le folte barbe e i lunghi capelli, per loro segno di ribellione verso i canoni occidentali, per gli albanesi inaccettabile uniforme da debosciati. Leggendo, mi torna alla mente che nella spedizione di marxisti italiania Tirana -che col tempo si rivelerà essere uno dei più claustrofobici laboratori di comunismo al mondo – c’era anche Sergio Staino, il creatore di Bobo. La delusione dev’essere stato forte, ma la compagnia dev’essere valsa il viaggio.

Padre e figlio condividono infine la passione per le storie dei vinti. Leggendo, si scopre la vicenda di Rudolf Jacobs, “eroe difficile”, ufficiale della Wermacht di stanza nel porto di La Spezia si ribella alle ruberie dei fascisti e si unisce ai partigiani, distinguendosi per le azioni di valore. Paolino Ranieri, da sindaco, si impegnò perché ne venisse ricordata la memoria, Andrea lo iscrive tra i padri costituenti dell’Europa.

Nell’Italia di oggi sembrano lontane le storie di Paolino, il sindaco partigiano che non voleva arrendersi alla vecchiaia e provò, con le gambe ormai secche, a scappare dal letto d’ospedale.Non è così, la biografia di Paolino è un antidoto per salvare la resistenza dalle incessanti strumentalizzazioni e dall’uso politico della storia, come mostrano le recenti polemiche sul 25 aprile. È memoria viva, non cimelio da museo, come il ricordo di un ragazzo che racconta di quando accompagnò il padre a un pranzo con i suoi vecchi compagni partigiani, democristiani, azionisti, comunisti e socialisti, in una casa sui pendii appenninici: “ancora diversi ancora fratelli. In quei pranzi io capivo come la Costituzione fosse davvero figlia della resistenza”. L’epopea partigiana prima e l’impegno politico nella ricostruzione e nella Costituzione poi, è una delle pagine miglioridella nostra poco memorabile Repubblica Italiana.Anche per questo vale la pena conoscere la storia di Paolino, nome di battaglia Andrea, barbiere di Sarzana.