B. a caccia di voti anche a Strasburgo contando su scambi di favori nel PPE
Silvio Berlusconi parte in missione: obiettivo Strasburgo. Oggi sarà al Parlamento europeo per la cerimonia solenne con cui i deputati, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ed Emmanuel Macron, che è presidente di turno del Consiglio Ue, onoreranno la memoria di David Sassoli nell’ultimo atto pubblico della straordinaria manifestazione di rispetto e di affetto che dopo la sua morte ha attraversato l’Europa, istituzioni e cittadini. Domani, da bravo soldatino del gruppo parlamentare dei popolari, sempre a Strasburgo, metterà nell’urna la scheda con il nome di Roberta Metsola, la democristiana maltese che – com’era previsto da tempo in base al criterio della staffetta tra i due gruppi più forti – succederà al presidente scomparso. Berlusconi, infatti, è un parlamentare europeo, pur se molti in Italia, abituati a vederselo intorno in tante altre variopinte vesti, tendono a dimenticarselo, forse anche tra i suoi colleghi di gruppo e di partito cui non è capitato spesso, in questa legislatura e prima, di vederlo in aula.

Non l’hanno visto al lavoro, ma – molti – sicuramente a Strasburgo se lo ricordano in una memorabile seduta di inizio luglio del 2003: in piedi sulla tribuna del presidente di turno del Consiglio a dare del kapò al socialdemocratico tedesco Martin Schulz e a gratificare i parlamentari che protestavano dell’epiteto di “dilettanti della democrazia”, con Gianfranco Fini, ministro degli Esteri, sull’orlo dell’infarto. Sono passati quasi vent’anni, ma sono scene che non si dimenticano. Non è per rivangare, per carità. È solo per dare un contesto alla vera missione cui B. si sta accingendo salendo sull’aereo che lo porterà in Alsazia. Che è quella di far dimenticare certi trascorsi per raccogliere immeritate medaglie di affidabilità democratica, europeismo e allure internazionale.
Chi sostiene B. neI PPE?
Il viaggio, infatti, è stato preceduto, e sarà certamente seguito, da una campagna tutta italiana vòlta a presentarcelo bello che accreditato, anche lassù tra Strasburgo e Bruxelles, come un futuro inquilino del Quirinale perfetto non solo per noi italiani ma anche per loro europei. Paginone sul giornale di famiglia, interviste al profumo d’incenso, indiscrezioni (poi va a controllare) seminate in tutti i media di casa su quanto l’uomo che “ha messo fine alla guerra fredda” (sic) sia stimato fuori dai nostri provincialissimi confini. L’intenzione era chiara, l’impegno costoso (in tutti i sensi), ma il risultato non è stato un granché. Di endorsement di “personalità europee” che si sono prestate all’operazione se ne sono contati, finora, soltanto due.

Il primo è venuto con l’intervista sul “Giornale”, prontamente risparata da tutte le bocche di fuoco della ditta, ad Antonio López-Istùriz White, per gli amici Tono. E chi è? vi chiederete. Il “Giornale” lo presenta come “il segretario del PPE”. I lettori italiani, abituati a identificare i segretari dei partiti come i leader degli stessi (sono segretari Letta e Salvini, lo furono Berlinguer, De Gasperi e Aldo Moro) possono essere stati indotti a pensare perciò che quel signore con tutti quei cognomi sia il capo politico del PPE. Accidenti che endorsement… In realtà il capo del PPE non è Tono, il quale ne è invece il segretario generale responsabile dell’organizzazione da una ventina d’anni, ma il presidente, che è il polacco Donald Tusk. Dal quale – ci azzardiamo a prevedere – è abbastanza difficile che vengano “aiutini” a Berlusconi, visto che ha dovuto molto penare a suo tempo per far cacciare dal gruppo parlamentare Viktor Orbán e i suoi di Fedesz difesi a spada tratta invece proprio dai deputati eletti da Forza Italia mentre il loro capo si faceva fotografare abbracciato in brodo di giuggiole con il teorizzatore della “democrazia illiberale”.
Più peso ha l’altra entusiastica dichiarazione di sostegno con cui B. parte per Strasburgo, quella del capo del gruppo parlamentare popolare Manfred Weber, anch’essa potentemente strombazzata in Italia negli ultimi giorni. Perché il tedesco Weber, esponente della CSU (l’alleata bavarese della CDU di Angela Merkel), si è sbilanciato lanciandosi in un’ingerenza assai poco diplomatica sugli affari interni di un altro stato e rischiando di fare una figuraccia se l’operazione Berlusconi in Italia finisce male? Perché glielo ha chiesto Antonio Tajani, che è stato il predecessore di Sassoli, al quale il bavarese ha sognato, invano, di succedere con l’appoggio proprio dell’italiano in una cordata della quale farebbero parte altri esponenti della destra democristiana. E magari la promessa d’aiuto è stata rinnovata con qualche concretezza… È una risposta credibile, che merita però un’integrazione: come capogruppo del PPE Weber ha l’interesse a tener compatte e ben nutrite le file dei suoi e i dieci deputati eletti nelle file di Forza Italia non saranno una gran cosa rispetto ai 178 del gruppo, ma possono essere preziosi in una eventuale contesa politica per il primato tra i gruppi che si giochi in futuro sui piccoli numeri. Il Grande Accordo tra i popolari e i socialisti, quello che porterà domani alla staffetta con la presidente Metsola, non è detto che regga anche nella prossima legislatura europea…Non è stato lo stesso scrupolo, tenersi in casa pure i meno desiderabili, che ha spinto la maggioranza del PPE a tenersi per anni nel gruppo gli ultrà di Fidesz anche quando erano diventati, con il loro capo, del tutto indigeribili?
La Balena Bianca europea
D’altra parte il PPE, la Balena Bianca europea per resuscitare antiche formidabili immagini, è uno strano animale in cui convivono culture e spinte politiche di diversa natura. L’ingresso di Forza Italia, nel 1998, fu molto contrastato e passò solo per una forzatura di Helmut Kohl che aveva improvvisamente cambiato opinione, dal no al sì, nel giro di una notte dopo un segretissimo faccia faccia con Berlusconi. Quest’ultimo ha trovato molto spesso resistenze e altolà nel gruppo. Sono memorabili, per dirne una, gli scontri furibondi con certi esponenti della CDU, tra i quali alcuni molto vicini ad Angela Merkel come Elmar Bock. Ma c’è nel partito e nel gruppo pure un’anima ultraconservatrice che, come hanno fatto per anni i conservatori qui da noi, è pronta ad ingoiare qualsiasi rospo. Anche uno piazzato in poltrona sul colle più importante d’Italia.
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