Se i sondaggi (spesso)
son desideri…
Apro i giornali e leggo che le elezioni si sono già tenute. O perlomeno abbiamo già i risultati. Salvini ha stravinto. Titoloni m’indirizzano a quest’unica lettura: Matteo, il nuovo profeta, gode di un consenso personale straordinario e la Lega piglia tutto, portando a casa 297 deputati. Se poi si sommano i suoi voti a quelli della destra, riunita sotto il suo ombrello, le cifre si fanno impressionanti, raggiungendo oltre il 50 per cento in percentuale e una massa sconfinata di senatori e deputati. Chiudo i giornali e, per fortuna, la paura passa. Rileggo i titoli, e affronto anche la lettura degli articoli e mi accorgo che sono zeppi di frasi ipotetiche: sarebbe, se si svolgessero, se fossero rispettate le tendenze….
La scorpacciata di numeri
Metto da parte i giornali. L’incubo è finito e torno, finalmente, alla ragione e alla realtà. Le elezioni non ci sono ancora state, non si sa ancora bene quando ci saranno. Ne deduco che quelle cifre non sono inattendibili ma che forse le stesse possono essere usate – aldilà degli intenti di chi le elabora e di chi le pubblica – come una leva propagandistica per far apparire il capo come già vincente. Milioni di cittadini potrebbero essere attratti da questo stereotipato motivetto. Lo stesso capopopolo avrà già fatto elementari conti sui collegi (elezioni europee e amministrative) e sarà stato indotto, vedendo l’uva assai vicina e matura, a forzare i tempi della vendemmia elettorale. Ecco perché mostra tutta la sua impazienza proprio sui tempi.
Insomma siamo già di fronte ad una scorpacciata di sondaggi elettorali che riempiono tante pagine dei giornali. E’ una scelta fatta dai alcuni grandi gruppi editoriali: è più comodo per far parlare le cifre, magari de tutto ipotetiche, anziché spedire i giornalisti a fare inchieste e reportage, verificando cosa sta davvero accadendo nella società. Nel mondo reale, intendo. D’altra parte ormai se ci sono due modelli di previsione che vanno presi con le molle, sono proprio i sondaggi elettorali e le previsioni del tempo. Più le tecniche diventano raffinate e più aumenta le possibilità di errori, magari basati sulla generalizzazione di singoli fenomeni.
Anime sospese tra algoritmi e predizioni
Insomma: qualche volta ci danno e molte altre no. Nel corso delle ultime elezioni negli USA, dove le grandi testate giornalistiche e televisive, oltre ai sondaggisti, subirono un notevole smacco mi colpì una frase postata su Twitter: ” I sondaggi sono desideri”. Era di Cerasa, se ben ricordo. E spesso può accadere che i desideri come i sogni poi se infrangano. Qualche leder, anche di casa nostra, ha già vissuto i contraccolpi di questo doloroso risveglio.
Gli analisti ci stanno spiegando da qualche tempo che, con i nuovi modelli statistici, i sondaggi avrebbero quasi raggiunto la perfezione. O quasi. In realtà non sono mai stati e continuano a non essere una scienza esatta. Rimangono come anime sospese tra i moderni algoritmi e l’antica arte della predizione. Per enigmi parlava, ad esempio, la Pizia, a Delfi. Eraclito, a tal proposito, ammoniva: ”La natura ama nascondersi. L’oracolo né dice né nasconde: dà segni”. Molti di questi segni vanno colti e interpretati: gli algoritmi possono aiutare a comprenderli ma non possono sostituirsi alla lettura dei processi reali che s’innescano nella società. Tanto più se si tiene conto della velocità con la quale si manifestano i mutamenti dei comportamenti dell’opinione pubblica.
Non c’è modello matematico che tenga. Fare i sondaggi è molto difficile con una committenza, cioè il sistema mediatico quello politico, che ne ordina tre al giorno. Inoltre nella nuova “cultura e logica dei media”, dove i gruppi editoriali si confrontano e si scontrano come corrazzate dell’industria culturale, ognuno vuole il che proprio sondaggio sia possibilmente più attraente degli altri. Cioè: più seduttivo e quindi più oracolare. Fare i sondaggi è molto difficile perché si ha che fare con le persone vere, molte delle quali non solo non sempre sono disponibili a dare risposte attendibili e molte altre te le danno sulla base d’una momentanea spinta emotiva.
Un’ondata di fake news
Le metodologie si sono molto perfezionate con l’introduzione, ad esempio, dei ‘Big-data’ (che sono un metodo utilizzato per succhiare dati ma molto diverso dal sondaggio in quanto tale) e tante altre tecniche che raschiano minuto dopo minuto, il grande universo dei social, creando nuvole e report molto dettagliati. Proprio il voto statunitense ci ha mostrato che non tutto l’elettorato usa i nuovi media e che comunque, questi possono essere usati, in maniera maliziosa, per indurre gli elettori a mutare orientamenti di voto proprio all’ultimo secondo, magari inondando l’ambito digitale di fake news.
Pur nella raffinata evoluzione dell’analisi dei comportamenti elettorali, rimane un dato certo che gli analisti conoscono perfettamente: non tutte le persone esprimono con chiarezza le proprie intenzioni di voto, come hanno dimostrato molte recenti tornate elettorali. E’ molto complicato riuscire a intercettare una maggioranza silenziosa o capire quali siano i delicati meccanismi che determinano alcuni atteggiamenti dell’opinione pubblica. In molti casi, i risultati hanno smentito le aspettative sia di vittoria sia di sconfitta. L’autoreferenzialità del sistema dei media rende, poi, ancora più complessa la comprensione dei reali processi in atto. Uno dei modi ormai molto conosciuti, e praticato da molti media, consiste proprio nel creare un sistema di aspettative incrociate con il proprio lettore e l’uso del sondaggio, come tanti altri strumenti, serve per dare risposte ai propri pubblici.
Nella spirale del silenzio
Studiando un aspetto particolare del comportamento dell’opinione pubblica, qualche decennio fa, la sociologa Elisabeth Noelle-Neumann ha formulato un’ipotesi affascinante sul perché sia così difficile cogliere alcuni atteggiamenti dell’opinione pubblica, specie in occasione di scadenze elettorali. Nel volume, “La spirale del silenzio”, spiegava come la paura di esprimersi, di isolarsi rispetto a un’opinione che appare dominate, possa portare il singolo cittadino intervistato a non dire esattamente come la pensa. Se l’opinione dominate tende a mostrare un vincente chi la pensa diversamente può essere portato a tacere, a rimanere silenzioso pur di non rimanere isolato. Specie se questo avviene nel suo stesso ambiente o se l’opinione dominante sia diffusa sistematicamente dai media i quali, in genere, tendono a dimostrare come l’opinione del vincente sia anche la più giusta. Già un tal Locke ci aveva avvertito, secoli fa, che gli individui, per paura dell’isolamento, sono di solito disposti a pratiche conformistiche. I social, e le spiagge, spingono versi questo modello conformistico.
Stando alla teoria della “spirale del silenzio” c’è una sfera che rimane insondabile, impenetrabile: “ Il fatto è che l’opinione pubblica- scrive la studiosa-nel senso di controllo sociale non è per niente un processo razionale ma si fonda in gran parte sul comportamento inconscio che si è formato presumibilmente nel corso dell’evoluzione umana. La paura immediata di dire qualcosa di ‘sbagliato’, il sentimento spontaneo dell’isolamento, la percezione dell’ostilità nell’ambiente circostante e l’ammutolire di fronte a questa sensazione di ostilità, tutto questo viene inteso come una reazione inconscia,l riflessa, sulla quale l’individuo sulla quale l’individuo non ragiona”.
Ci sono mesi impegnativi, davanti a noi. Ci sono fatti concreti che accadono, vicende che si complicano di giorno in giorno. C’è il mondo finanziario che ha già sguinzagliato i propri mastini a mordere borse, spread e tasche dei cittadini. Ci sono i fabbricatori di fake che sperano una stagione redditizia. Una cosa è certa: la campagna elettorale è decollata, dopo che era stata latente fin dai primi passi dei 436 giorni di governo gialloverde. Liti, sgambetti, annunci roboanti si sono susseguiti a ritmo incalzante. Gran parte dei commentatori se ne sono accorti ma i sondaggi, per ora, no. Sarà presto?
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