Armi per tutti:
la deriva americana
di Lega e destra
Il ministro dell’Interno Matteo “Benito” Salvini, dopo avere ordinato di fermare i migranti sul celeberrimo bagnasciuga, per tirare fuori gli istinti più bellicosi dei suoi adepti continua, è il caso di dirlo…, a spararle grosse: «Difendersi in casa propria senza se e senza ma è un diritto sacrosanto!». Il leader della nuova Lega, durante una conferenza stampa a Fermo, ha ribadito ciò che aveva promesso durante la campagna elettorale. Cosicché non solo frustra le speranze della sua amica Giorgia Meloni, capa dei Fratelli d’Italia, che tenta invano di dire qualcosa più di destra; Salvini si prepara anche a giocare una partita fondamentale dedicata al decreto legge sulla legittima difesa, nonostante le norme in vigore tutelino già le vittime e non i delinquenti.
La discussione in Commissione Giustizia è iniziata il 18 luglio. Proprio in un sussulto di “legittima difesa” nei confronti delle invasioni di campo da parte di Salvini, il M5S sta cercando, almeno in questo caso, di non appiattirsi sulle posizioni fascistoidi del suo alleato: «In considerazione della delicatezza della materia trattata, della complessità e dell’impatto a livello sociale è necessaria un’analisi approfondita delle norme esistenti e dei testi presentati», ha chiarito il senatore grillino, nonché membro della commissione, Francesco Urraro. Un intervento in questo campo «in nessun modo potrà portare alla liberalizzazione delle armi in Italia», ha sbottato il ministro pentastellato della Giustizia, Alfonso Bonafede, rivendicando la sua competenza in materia: su detenzione e porto di armi «ci sono disposizioni normative rigorosissime su cui il governo non ammette l’esigenza di intervenire», poiché rappresentano «strumenti irrinunciabili per la lotta alla criminalità». È un tentativo per reagire a quella sindrome di Stoccolma (la dipendenza psicologica che lega la vittima al suo aggressore) che ha colpito la stragrande maggioranza dello stato maggiore grillino di fronte alla smargiassate leghiste? Vedremo.
Cinque le proposte all’ordine del giorno: oltre a quella della Lega, una di iniziativa popolare, due di Forza Italia e una di Fratelli d’Italia. ln pole position c’è quella del leghista Massimiliano Romeo: interviene sull’articolo 52 del Codice penale, prevedendo «una presunzione di legittima difesa per gli atti diretti a respingere l’ingresso, mediante effrazione, di sconosciuti in un’abitazione privata ovvero presso un’attività commerciale professionale o imprenditoriale con violenza o minaccia di uso di armi». È così depennata la valutazione di proporzionalità tra difesa e offesa, prevista dalla legge ora in vigore. Il ddl Romeo introduce anche un inasprimento (unico aspetto condivisibile) delle pene per i reati di furto, scippo e rapina. I più assatanati sono nelle file di Fratelli d’Italia, anche se contano poco: il primo firmatario è l’ex ministro ed ex missino Ignazio La Russa. «Per noi la difesa in casa propria o nel luogo di lavoro è sempre legittima. Chi si difende non può essere processato così come chi aggredisce non può avere sconti di pena e men che meno può avanzare richieste di risarcimento», ha spiegato. Il testo riconosce la legittima difesa persino quando il fatto avvenga nelle immediate vicinanze dei luoghi “da proteggere”, nel caso si sospetti di avere a che fare con un criminale.
La minoranza di centrosinistra e di sinistra è contraria a queste ipotesi. «Noi paghiamo le tasse e pretendiamo che lo Stato garantisca la nostra sicurezza. I cittadini hanno il diritto di essere difesi, non che lo Stato dica: arrangiati. È come se devi mandare tuo figlio a scuola e ti dicono di prenderti un insegnante a casa», ha scritto su Twitter il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti. E il segretario del Pd Maurizio Martina ha commentato su Facebook: «È una legge Far West. La chiamano “legittima difesa” ma si legge più armi per tutti. Non ci stiamo. Guardiamo agli Stati Uniti, il Paese dove circolano più armi e ci sono leggi sulla legittima difesa che piacciono alla destra. È questa la sicurezza?». Giova ricordare che un anno fa una riforma più favorevole alla legittima difesa, ma meno dura di quella leghista, era stata varata dal centrosinistra (tanto per seguire la destra in queste trincee) e approvata alla Camera, arenandosi poi al Senato, grazie anche a una retromarcia di Matteo Renzi.
Questo è il quadro della situazione in Parlamento. E fra noi? Date per acquisite ovvie considerazioni sulla sacralità della vita umana, che sconsigliano l’incoraggiamento di sparatorie a casaccio, appare chiaro che la strategia di Salvini, già sperimentata con successo sul fronte dei migranti, ha lo scopo di trovare macabro consenso tra la gente, cercando di far passare il principio che la giustizia fai-da-te può diventare uno sport di massa. Non solo. La nuova legge metterebbe in discussione il “principio di risposta proporzionale” che sta alla base del nostro ordinamento. Ci farebbe imboccare un sentiero molto franoso, perché ancora una volta fa leva sulle pulsioni più superficiali e irrazionali degli italiani per fini che guardano a eventuali elezioni sempre dietro l’angolo, vista la fragilità del “sistema Italia”.
Eppure gli italiani armati sono già tantissimi e crescono a ritmi incessanti, grazie a una legge che consente di detenere armi con facilità: bastano un’autocertificazione, qualche controllo medico, un breve corso al poligono. A qualunque incensurato, senza malattie nervose e psichiche, non tossicomane o alcolizzato, è generalmente consentito – con un nullaosta o con una licenza di tiro sportivo – di tenere a casa tre armi comuni da sparo, sei di tipo sportivo, otto armi antiche, un numero indefinito di fucili e carabine da caccia, 200 munizioni per armi comuni, 1.500 cartucce per fucili da caccia e 5 chili di polveri da caricamento. Per sfuggire ai limiti imposti dalla legge sul “porto d’armi per difesa personale”, negli ultimi anni sempre più persone puntano sulle licenze per “attività venatoria” e per “uso sportivo”. Queste ultime sono passate da 127.000 del 2002 a oltre 456.000 nel 2016. Alla base c’è un grande equivoco, cioè la convinzione che possedere un’arma ci protegga da eventuali aggressioni. Peccato che i criminali veri siano tutti molto più esperti nell’uso delle armi rispetto a un qualsiasi cittadino, per quanto affetto dalla sindrome di Rambo.
Sarebbe il caso di non arrivare alla situazione statunitense. Dopo ogni strage americana da parte dei killer della porta accanto, l’attuale presidente Donald Trump (ammirato da Salvini, ovvio…) dice che le armi non c’entrano, è tutta colpa di qualche tipo “disturbato”. Senza dimenticare che i “disturbati” statunitensi (nel senso psichiatrico del termine) sono, secondo la Nationals Alliance on Mental Illness, il 18,5% dei cittadini, cioè 43 milioni di persone. Tutte con la possibilità di acquistare armi come noi acquistiamo lo smartphone oppure di prendere in prestito quelle accumulate dal genitore o nonno o fratello o amico. Il Congressional Research Service afferma che negli Usa circolano 357 milioni di armi da fuoco con una popolazione di 318,9 milioni di persone. Risultato: sono quasi quotidiane le mass shootings, cioè le sparatorie compiute “colpendo nel mucchio” senza avere come obiettivo una persona precisa; nel 2017, per esempio, ci sono stati 117 morti e i 587 feriti.
Però negli Stati Uniti c’è una lobby delle armi che sostiene, e spesso fa eleggere, i candidati alla Presidenza graditi: è il caso di Trump. E ora, dalle nostre parti, furoreggia il Salvini di turno. La situazione è così tragicomica che potremmo anche aspettarci la promessa di un “reddito di legittima difesa”, per agevolare l’acquisto di fucili e pistole o di una mazza ferrata, per i nostalgici del vecchio Alberto da Giussano di bossiana memoria. L’industria delle armi forse si sta già attrezzando. Ovviamente, dirà presto un sagace ministro dell’Economia, sarà una “volano per l’economia”. Che fortuna…
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