Guardarsi nello specchio del padre, Sissa e i cani incapaci d’umanità

“Padre caro la casa ha messo i libri sotto la pioggia. L’ultima ora non ha avuto delirio ma le antiche ipotesi d’acqua. Il tempo forerà le mani a questi idioti che non sanno cos’è un tavolo. Cos’è una matita. Cos’è il mattino cos’è. La buona febbre. Camminare lentamente verso. Bisognerebbe leggere e digiunare. Voltare le spalle al bel tempo. Entrare nell’osteria dell’inverno a bere da bicchieri vuoti. Accendere il fuoco nel camino e dimenticarsi. Scrivere con precauzione sul quaderno dei compiti. E poi morire. E poi risorgere. E ogni volta scordarsi di voi. ”

Archivio del padre è il nuovo libro di Giancarlo Sissa, Sissa è uno dei maggiori poeti della sua generazione, quella degli anni Sessanta, schiacciata dalla forza e dall’attenzione avuta dalla generazione precedente, una generazione in ombra per riprendere la precisa definizione di Marco Merlin: una generazione che non smette di dare alla luce libri concreti, importanti, spesso destinati alle piccole ma coraggiose case editrici la cui fragile colonna sostiene ancora in buona parte l’editoria del nostro paese.

Lo straniero, il padre e noi

Sissa in questo libro racconta la fine di un rapporto, la malattia, una storia che si esaurisce. E’ una storia di legame, un legame atavico, quello col padre, un padre per molti aspetti lontano e diverso. Eppure dai ricordi ai piccoli gesti l’autore è questo e da questo proviene. Fermarsi a ragionare sulla complessità dei rapporti è oggi un’urgenza.

La società ci restituisce rapporti virtuali, freddi, mediati spesso dalla digitalizzazione. Sono rapporti destinati a rompersi, spesso opportunistici, dettati dal momento. Succede in ogni sfera, umana, sentimentale, affettiva. La componente cinica in questa contingenza prende il sopravvento.

In ottica relazionale decidiamo di porci poco nei confronti di chi ci è prossimo e solo in un ottica opportunistica: anche per questo odiamo lo straniero, straniero inteso come estraneo, come ipotetica minaccia. Per questo una politica volta a perseguire chiunque ci sia estraneo ha preso negli ultimi anni un consenso forse difficile anche solo da ammettere, per questo la nostra natura si pone con così poca fiducia nei confronti di chiunque, prossimo o meno.

Chi ci è lontano insomma non ci arricchisce, con chi ha visioni differenti non esiste dialogo, non esiste la possibilità di formare, di migliorare il proprio pensiero. E’ l’entusiasmo orizzontale di cui parla il filosofo e saggista tedesco, Peter Sloterdijk, professore di filosofia ed estetica a Karlsruhe e che al cinismo ha dedicato una intera vita di studi, da Diogene ai giorni nostri: un entusiasmo che non si basa su ideali superiori da raggiungere od eventualmente emulare ma si fonda unicamente sulla necessità.

Ma il padre raccontato da Sissa non ha qualcosa da “dare”, è fragile, malato, in condizioni economiche non idilliache, non è un ricco professionista a fine carriera in grado di elargire emolumenti al figlio per permettergli una vita agiata e vuota. E qui sta il nodo: perché quello che ha da dare il padre dell’autore è “semplicemente” uno specchio attraverso cui l’autore può rivedersi totalmente, e questa semplicità oggi è un lusso che pochi decidono di permettersi.

Le nostre botti digitali

Nel grande bisogno di sicurezza che oggi cerchiamo con tanta ansia e frustrazione questo testo ci ricorda che la sicurezza non è nelle cose o negli oggetti che compriamo, possediamo, usiamo e quando riteniamo inutili gettiamo via, ma è nel pensiero, nell’analisi che chi ci sta attorno può consegnarci, per abiurare una guerra fatta da cani, una guerra quotidiana, un conflitto innanzitutto interiore con cui ogni giorno dobbiamo combattere: quel concetto di cane, di bestia incapace di affrontare in maniera umana la quotidianità, che fin dall’antichità definisce il cinismo e chi decide come Diogene appunto di vivere dentro a una botte. Una botte digitale di cui non sembriamo essere capaci di fare a meno.

“Padre caro ti somiglio. Sorrido come te. Mi siedo come te. Di là dal tavolo ho la tua stessa voce. Fra poco non mi ascolteranno. Più mi vedranno appena o ancora meno. Fatica a piovere questo cielo così violento. Acceso di giorni indifferenti. La guerra è un cane che non si pente. Che mangia quello che trova. Pesa molto anche la sedia in cucina quando ti penso.”

“Archivio del padre” di Giancarlo Sissa, MC edizioni Milano 2020