Addio Ivano Marescotti: un caro amico, un compagno, un talento d’attore
Nel giro di pochi giorni se ne sono andati due compagni veri, oltre che due cari amici di chi scrive. Parliamo – e proviamo a parlarne a ciglio asciutto – di Citto Maselli e di Ivano Marescotti. Maselli, lo sanno tutti, è stato un importante dirigente e militante di Rifondazione Comunista.
Marescotti, per come l’abbiamo conosciuto, era un militante storico del PCI che faceva una fatica enorme a riconoscersi nel PD, nelle sue varie mutazioni, anche se dopo la fondazione aveva dato credito al nuovo partito ed era entrato nell’assemblea regionale dell’Emilia-Romagna. Parlargli di Renzi equivaleva a fargli montare la rabbia. Era molto incuriosito dal movimento Cinque Stelle, nella sua prima fase, per poi rimanerne deluso, salvo votarlo anche lo scorso 24 settembre perché a sinistra non trovava nessuno meglio di Giuseppe Conte. Come molti compagni “duri e puri” si ritrovava in questo terzo millennio disorientato, senza un partito che in qualche misura lo “rappresentasse”. Capita a molti.

Ovviamente, sarebbe giusto oggi parlare dell’attore, che ha avuto una storia incredibile. Ma è proprio perché tale storia è davvero incredibile, che bisogna anche parlare d’altro. Non ricordiamo altri attori italiani che abbiano esordito in teatro dopo i 35 anni e che abbiano girato il primo film importante (nel suo caso, “L’aria serena dell’Ovest” di Silvio Soldini nel 1990) a 44. Marescotti era nato a Villanova, nel comune di Bagnacavallo (provincia di Ravenna, Romagna profonda), nel 1946. E proprio a Ravenna aveva lavorato per una decina d’anni nell’ufficio Urbanistica del Comune.
Il suo talento scoperto da Leo De Berardinis
La scelta di trasformare un hobby – la recitazione, appunto – in un mestiere avvenne nel 1981. Leo De Berardinis fu il primo grande uomo di teatro a credere in lui, ma bisogna dar credito a Ivano di un grande coraggio: la sua gavetta si è svolta a un’età in cui i veri talenti sono già primattori o capocomici. Dai 35 anni in poi ha lavorato con Giorgio Albertazzi, con Mario Martone (che ha 13 anni meno di lui!), con Carlo Cecchi, con Mario Martinelli. Il cinema arriva, come si diceva, ben dopo i 40, ma “L’aria serena dell’Ovest” (film oggi un po’ dimenticato, ma molto bello) è un esordio importante, che lo fa subito notare. Marescotti dimostra subito di essere in possesso di una fisicità e di una personalità non si dirà uniche, ma molto particolari. In più è bravo, proprio bravo, al punto da far chiedere a tutti: ma dove si nascondeva, un attore così?
Il salto con Benigni in Johnny Stecchino
Lo chiamano per ruoli da caratterista, come suol dirsi, ma importanti: “Il muro di gomma” di Marco Risi, “Il portaborse” di Daniele Luchetti e il primo ruolo che lo mette di fronte a un pubblico sterminato, “Johnny Stecchino” di Roberto Benigni. Con Benigni farà un altro ruolo magnifico in “Il mostro”, e qualche anno dopo avrà l’onore di essere chiamato due volte da Gennaro Nunziante e da Checco Zalone (nella vita, Luca Medici) in “Cado dalle nubi” e in “Che bella giornata”. Marescotti poteva affermare di aver partecipato ad alcuni dei più grandi successi di pubblico nella storia del nostro cinema. E i suoi ruoli, sia con Benigni sia con Zalone, sono indimenticabili: il bieco leghista di “Cado dalle nubi”, che vomita di fronte alle orecchiette, è ad esempio una caratterizzazione formidabile e politicamente azzeccatissima. Fatta da lui, poi, che dei leghisti era l’esatto opposto!

Marescotti poteva essere un ottimo caratterista comico, e questo significa esser bravi. Ma era perfettamente a suo agio anche nel grottesco e nel drammatico. Il regista che gli ha regalato i ruoli più belli, da protagonista, è stato Sandro Baldoni in “Strane storie” e “Consigli per gli acquisti”: ex pubblicitario, fratello del giornalista Enzo Baldoni ucciso in Iraq nel 2004, Baldoni è un cineasta “raro”, che ha fatto pochi film e non è mai stato amato dai produttori.
Ma quei pochi film sono uno sguardo insolito e feroce sulla società italiana di fine millennio. Un altro splendido ruolo da protagonista, per Marescotti, è stato “Bar Giuseppe” di Giulio Base, in cui interpreta il gestore di una stazione di servizio, rimasto vedovo, che si aliena il rispetto e la fiducia dei figli (interessati solo all’eredità) prendendosi in casa una ragazza immigrata… che poi rimane incinta pur essendo, a tutti gli effetti, vergine! Il nome “Giuseppe” ovviamente non è casuale e il film è quasi un piccolo Vangelo apocrifo, uno dei più toccanti apologhi sull’integrazione e sull’inclusività che il cinema italiano abbia mai prodotto. Marescotti, nel film, dirà sei-sette battute: ma è straordinario.
Non aveva mai smesso, per altro, di esibirsi in teatro: l’ultimo spettacolo si intitolava “Da Rimini al mondo: il viaggio di Federico Fellini e Tonino Guerra” ed era un omaggio alla sua terra, la Romagna, e alla sua lingua, di cui era un vero e proprio ambasciatore. Si era ritirato dal cinema per dedicarsi all’insegnamento, e un anno fa – il 28 marzo 2022 – si era sposato, con una cerimonia civile tenuta in dialetto romagnolo. Sempre originale, Ivano, sempre unico. Una bella storia di arte e di civiltà che si è interrotta troppo presto.
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