Addio a Ferlinghetti: raccontò al mondo
le inquietudini della beat generation

“Il piccolo editore indipendente è lui stesso un’autentica avanguardia, il suo compito è al di fuori, il suo compito quello di esplorare l’ignoto.” Così racconta Lawrence Ferlinghetti nella sua “City lights pocket poets anthology”: un intero secolo passato a percorrere strade nuove, sentire il polso delle periferie americane, cercare di capire la controcultura provando a rimanere lontano dalla letteratura ufficiale anche quando i propri stessi autori sono diventati parte di un apparato maggiore. Ma questo in fondo fa parte delle regole “lasciare poi che i grandi editori se ne impossessino”: un editore militante che decide di scommettere su quell’urlo che partendo dalla gola di Allen Ginsberg fotografa un’intera generazione.

Un gruppo di bambini

“La Beat Generation è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”, li definisce Jack Kerouac. Ingenuità e attenzione al contemporaneo, un mix deflagrante che impatta non solo nella realtà a stelle e strisce, ma che finisce per affascinare anche l’Europa. In fondo la libreria City Lights a San Francisco proprio alla Francia deve la sua nascita, Ferlinghetti studia alla Sorbona a Parigi e sul modello delle librerie di quella città fonda la propria. Il resto è intuito, studio e abnegazione.

Da lui non passano solo i nomi consacrati ma alcuni grandi autori rimasti ai più sconosciuti: c’è Frank O’Hara, prematuramente scomparso, c’è Jack Hirschman così legato all’Italia, c’è l’attenzione per la nuova poesia di metà Novecento, da quella tedesca – Paul Celan, Hans Magnus Enzensberger, Guenter Grass – al Nicaragua di Ernesto Cardenal, ma anche Antonio Porta e Pier Paolo Pasolini. “Cio che si è rivelato più affascinante è il continuo incrociarsi di correnti e i continui innesti tra poeti enormemente distanti per lingua e geografia”, da sempre è il credo anarchico a muovere l’idea di Ferlinghetti, ma una anarchia controllata, come ci si trovasse di fronte a un grande happening dove a contare non è solo il flusso di parole ma soprattutto la sostanza del detto, per questo trovano spazio convintamente Robert Duncan e Philip Lamantia con il loro ragionamento erudito, per questo altrettanto vengono ospitati Robert Bly o Kenneth Patchen che al contrario sembrano volere prendere a pugni in faccia tutto e tutti.

Certo questa chiave editoriale andrebbe vista oggi con la tendenza complessiva a cercare sempre di descrivere il proprio intorno, la propria vicenda, mascherandola con una veste lirica.
Niente di più diverso ha voluto raccontare Ferlinghetti, anche come poeta (A Coney Island of the Mind, un luna-park dell’anima, è tra i libri di poesia più venduti nella storia degli Stati Uniti)
partendo magari da piccole vicende e piccoli oggetti ha cercato di ragionare anche in maniera irriverente, certamente spietata, sulla società conservatrice degli anni Cinquanta, in una modalità
che oggi potrebbe essere tacciata di retorica ma che in realtà dimostra come la parola e in particolare la parola poetica possa tuttora essere volano, cassa di risonanza delle speranze, delle
paure e delle ingiustizie contemporanee.

Spoken poetry

La beat generation che ha trovato nuova linfa in altre strutture come lo spoken poetry ha saputo non essere fonte accessibile solo a pochi eletti, ma ha trovato il modo di contaminare ulteriori linguaggi, dalla musica, in particolare il jazz, fino all’arte contemporanea o performativa, ha saputo lavorare con la televisione e la radio, ha trovato il modo di entrare in sintonia con la società, una società che ancora non si basava su modelli liquidi ma che al contrario aveva scelto di confrontarsi con modelli di approfondimento pieni e sulla cultura come riscatto rispetto a ideali consumistici e liberali che sempre dagli Stati Uniti e in modalità così pervasiva erano partiti.

Con Lawrence Ferlinghetti se ne va un possibile piccolo antidoto a modelli che anche dal punto di vista editoriale sembrano sempre più dilagare, l’estremo rigore con cui ha affrontato la propria vita di autore e di editore ci ha permesso di comprendere la poesia del Secondo Novecento inserendola in un contesto globale che oggi fatichiamo a recuperare così presi dal nostro ombelico ai confini dell'impero e della storia ma che probabilmente sarebbe buona cosa riprendere, anche per la nostra sopravvivenza.