Riace nel silenzio
Ma non tutto potrà
essere cancellato

Quando nel febbraio del 2009 arrivò sulla spiaggia di Riace con sua moglie incinta al settimo mese, portava già nel nome l’integrazione possibile. Si chiamava Damien, veniva dal Ghana e approdava sulla costa di un paesello – non ancora famoso per il sindaco Mimmo – noto al mondo per gli splendidi Bronzi che in quelle acque erano stati ripescati nell’agosto del 1972 e famoso in ogni angolo della Calabria per i suoi miracolosi santi patroni, i medici Cosimo e Damiano che il 26 settembre di ogni anno richiamano migliaia di pellegrini. E così, Damien che aveva le idee chiare su dove non sarebbe più tornato, due mesi dopo diede al suo primogenito nero come la pece il nome Cosimo. Perché lui, loro, a Riace ci sarebbero rimasti. Non si sarebbero accontentati dell’accoglienza, si sarebbero integrati. 

Ora che le telecamere sono andate via, che la crème del giornalismo e gli sfruttati dei media vecchi e nuovi non si aggirano per i vicoli e non sostano sotto al Comune, ora che Mimmo è lontano per divieto di dimora, ora che la maggioranza dei migranti è stata trasferita…Damien è ancora lì. Non ha più un lavoro fisso – si occupava di rifiuti, ma adesso la gara è stata vinta da una società che ha preso un calabrese puro – e fa quel che trova: “Faccio il muratore, vado in campagna, dico sì a qualsiasi lavoro. Cosimo fa la quinta e Domenico é all’ultimo anno della materna. Devo portare i soldi a casa”.

Riace “paese dell’accoglienza”, come recita il cartello che s’incontra all’ingresso del centro abitato é tornato silenzioso come un decennio fa. Le strade sono deserte, le giostrine ferme, il bar del “Ponte” – la chiamano così i paesani la prima piazza che s’incontra entrando – la mattina del 19 novembre é l’unico luogo animato dagli impiegati del comune che prendono il caffè, dai pensionati e dai senza lavoro  cronici. Il professore Lucano, padre di Mimmo, uomo mite e discreto, tanto diverso da quel figlio ormai famosissimo, si accaparra il pallido raggio di sole. “Mi pare che oggi sia a Torino – dice, rispondendo alla domanda su come stia l’ex sindaco. Poi cambia discorso – Sono appena tornato dal cimitero… Caffè? No grazie, sto bene così”.

Sembra di essere ritornati indietro, ma i segni restano e parlano pur nel silenzio. I murales raccontano di pace e dì solidarietà, di mondi lontani e di villaggi globali.

Per i vicoli si aggirano quei pochi immigrati rimasti, quelli che non fanno parte del Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati), e quelli che hanno rifiutato il trasferimento. Alle Poste c’è un ragazzo del Benin che vive a Riace da anni e si mantiene facendo il muratore e una donna che deve prelevare degli euro. Ha con sé un bimbo di due anni che si chiama Joachim. Chi entra sembra conoscerli e sorride. Allora non sono proprio tutto ostili ai migranti e al modello messo sotto accusa!

”Stiamo chiudendo le ultime cose – spiega Nicolina che lavorava in un progetto – Credo che in una settimana avremo finito. Poi…licenziati. Siamo una settantina a perdere il lavoro”. “Speriamo che non si dimentichino di noi – aggiunge Caterina, 57 anni, aveva aperto un laboratorio artigianale recuperando le tradizioni della tessitura e del ricamo – Poco, sì,  ma i turisti che arrivavano ci davano da vivere. Che vuoi che la gente di Riace si compri l’asciugamano di lino che ricamo io?”.

Il futuro sembra denso di nubi, eppure qualcuno che gioisce perché l’era Lucano è finita c’è. Dimenticato l’anfiteatro pacifista che non c’era, il recupero dei pochi resti medievali, l’apertura della biblioteca, l’avvio e il successo della differenziata…resta il rancore di chi non ci ha guadagnato o il razzismo prima sopito e ora libero di esprimersi nell’Italia di Salvini. E poi ci sono quelli ai quali l’internazionalismo senza regole dell’ex sindaco, che pur stimavano, ha sempre fatto paura: “perché c’è chi ne approfitta…il malaffare” o perché “chi non rispetta le leggi prima o poi ne paga le conseguenze”.

Che ne sarà di Riace senza Mimmo? Quando le luci della ribalta si spegneranno, si tornerà al lume di candela?

Giovanna e altre tre donne sono arrivate da Gubbio: “Siamo pensionate e senza lavoro – spiega – abbiamo deciso di trovare un posto in questa nostra Italia per vivere insieme e mettere su qualcosa…non so un laboratorio di scrittura. Abbiamo pensato a Riace e siamo venute a vedere com’è, se si potesse… Insomma un impegno dal basso per non far morire un’esperimento umano e solidale. Intanto facciamo qui il Capodanno. Poi vediamo”.

Poi vedremo, tutti quanti. Chi ha pianto e chi ha gioito. Chi ha manifestato e chi si è barricato in casa. Chi Mimmo non lo sopporta e chi pensa sia un eroe del nostro tempo. Comunque, quel che è certo, è che quel che è stato fin qui non può essere cancellato con una mano di vernice come qualche solerte suddito ha ordinato di fare sul muro della stazione Fs di Riace Marina. Fino a qualche mese fa, da anni,  fa si poteva irridere il leghista Salvini, oggi col ministro dell’Interno non si può!

Testo e immagini da https://vedoeracconto.wordpress.com/