22 ottobre 1972, a Reggio Calabria il sindacato unito sfida le bombe fasciste
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta diversi movimenti di rivendicazione sociale esplodono nel Sud Italia. Le organizzazioni di estrema destra rispondono a questa ondata di protesta sociale da un lato con una serie di attentati dinamitardi, dall’altro tentando di accreditarsi come rappresentanti degli interessi della popolazione in lotta.
Per rispondere a questi attacchi, i sindacati metalmeccanici Cgil, Cisl e Uil (insieme ai sindacati degli edili ed alla Federbraccianti Cgil) decidono di organizzare una grande manifestazione di solidarietà a fianco dei lavoratori calabresi. La manifestazione indetta per il 22 ottobre 1972, fortemente voluta da Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto (insieme a loro sono in città Luciano Lama e Rinaldo Scheda, alla guida degli edili Cgil c’è Claudio Truffi, a capo della Federbraccianti Feliciano Rossitto) è preceduta da una Conferenza sul Mezzogiorno, alla quale partecipa anche Pietro Ingrao.
I neofascisti tenteranno di impedire l’arrivo dei manifestanti con una serie di attentati, 8 in totale, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre. Nonostante i tentativi criminosi, oltre 40.000 manifestanti riescono a raggiungere Reggio Calabria. I primi pullman cominciano ad arrivare al mattino presto, nella notte atterrano due aerei – uno da Trieste e l’altro dalla Sardegna -, da Genova e da Napoli approdano due navi.
I versi di Giovanna Marini ci restituiscono l’atmosfera della giornata: “Andavano col treno giù nel Meridione per fare una grande manifestazione il ventidue d’ottobre del Settantadue […] Il treno parte e pare un incrociatore; tutti cantano Bandiera Rossa. Dopo venti minuti che siamo in cammino si ferma e non vuole più partire si parla di una bomba sulla ferrovia […] Ormai siamo a Reggio e la stazione è tutta nera di gente. Domani chiuso tutto in segno di lutto, ha detto Ciccio Franco ‘a sbarre’. E alla mattina c’era la paura e il corteo non riusciva a partire ma gli operai di Reggio sono andati in testa e il corteo si è mosso. Improvvisamente è partito, a punta come un grosso serpente con la testa corazzata, i cartelli schierati lateralmente, l’avevano tutto fasciato. Volavano sassi e provocazioni ma nessuno s’è neppure voltato. Gli operai dell’Emilia-Romagna guardavano con occhi stupiti, i metalmeccanici di Torino e Milano puntavano in avanti tenendosi per mano. Le voci rompevano il silenzio e nelle pause si sentiva il mare. E il silenzio di quelli fermi che stavano a guardare e ogni tanto dalle vie laterali si vedevano i sassi volare. E alla sera Reggio era trasformata: pareva una giornata di mercato, quanti abbracci e quanta commozione, il Nord è arrivato nel Meridione. E alla sera Reggio era trasformata, pareva una giornata di mercato, quanti abbracci e quanta commozione, gli operai hanno dato una dimostrazione”.
Dirà Pierre Carniti in un affollatissimo comizio: “Quel treno che portava via gli emigranti… non volevano consentire che tornasse per farli partecipare a questa grande manifestazione. Siamo in presenza, amici e compagni, e non la sottovalutiamo affatto, siamo in presenza di una criminalità organizzata, che è anche indicativa, però, del suo isolamento. Si tratta di gente disperata, perché ha capito che l’iniziativa di lotta dei lavoratori, di questa stessa manifestazione sindacale, rappresenta un colpo durissimo. Ecco perché reagiscono con rabbia, reagiscono con disperazione.
E oggi, come cinquant’anni fa, questa reazione conferma che il fascismo con il manganello e il tritolo è al servizio dei padroni e degli agrari contro i lavoratori e contro il proletariato. Ma dunque compagni, debbono sapere che non siamo nel ’22 e che la classe operaia, le masse popolari, le forze politiche democratiche hanno la forza ed i mezzi per difendere le istituzioni democratiche dall’attacco e dall’aggressione fascista. E ciascuno farà la sua parte in questa direzione. Oggi non sono calati a Reggio, amici e compagni di Reggio, i barbari del Nord, ma con gli impiegati e con gli operai del Nord sono tornati a Reggio i meridionali!”.
Aggiungerà Bruno Trentin: “Io comprendo benissimo le bombe contro i treni, a Reggio, in quanto Reggio Calabria ha significato un momento di svolta: non solo per quella grande manifestazione sindacale, ma perché da lì è partito anche un impegno diverso del mondo sindacale rispetto alle masse di lavoratori e anche alle masse di disoccupati del Mezzogiorno. I fascisti hanno colto giustamente, secondo me, il pericolo che si profilava”.
Racconta in un’intervista inedita rilasciata a chi scrive Giorgio Benvenuto: “La Flm, appena costituita, assieme alla Flc (Federazione unitaria dei lavoratori delle costruzioni e affini), affrontò la battaglia per i rinnovi contrattuali promuovendo la manifestazione a Reggio Calabria. Tre gli obiettivi: unità tra Nord e Sud, unità tra i lavoratori e gli studenti, unità tra le rivendicazioni contrattuali (inquadramento unico, centocinquanta ore, sviluppo del Mezzogiorno). La Flm promosse la grande manifestazione di Reggio per sconfiggere la strategia della tensione e la deriva politica a destra. Non “pennacchi ma ciminiere” era l’obiettivo da realizzare per ridurre le diseguaglianze tra Nord e Sud”.
“I ricordi? – prosegue Benvenuto – Tanti, tantissimi: il convegno sullo sviluppo del Mezzogiorno che precedette la manifestazione di Reggio; mi commosse l’appassionato ed energico intervento, tra gli altri, di Pietro Ingrao; i lavoratori dell’Omeca di Reggio che rompendo gli indugi si misero alla testa del corteo che attraversò il Corso respingendo l’assalto e la provocazione dei fascisti; la partecipazione immensa alla manifestazione alla Stazione. Parlammo in tanti, in un comizio non stop: tutti poterono partecipare. I lavoratori erano venuti in massa in treno, in auto, in nave. I fascisti avevano tentato il tutto per tutto per intimorirli: le bombe per fermare i treni, i sassi per impedire il corteo, l’assalto notturno alle sedi sindacali: vennero respinti, allontanati, isolati”.
“Reggio – conclude il presidente delle Fondazioni Bruno Buozzi e Pietro Nenni – lo dico senza presunzione e con molto orgoglio, rimarrà nella storia. La Federazione Cgil-Cisl-Uil appena costituita come alternativa all’unità sindacale organica, rappresentò negli anni ’70 un punto di forza della democrazia, della libertà, della partecipazione dei lavoratori grazie alla spinta delle forze unitarie, a partire dalla Flm”.
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